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La Pasqua ritorna come una nuova sfida da accogliere: se passa semplicemente o se diventa davvero quel passaggio che essa evoca e promette dalla morte alla vita. Il dilemma di sempre e di tutti è stato anticipato dalle poche parole del profeta Isaia: “Ma se non crederete, non resterete saldi” (Is 7,9b).
Ma viene riproposto in termini ultimativi da Gesù: “Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato” (Mc 16,16).
Non si possono addolcire parole simili prima di averle prese sul serio, ma proprio prendendole sul serio si possono trovare poi tutti i necessari aggiustamenti. È questo il banco di prova ma anche il punto di appoggio per vincere il mondo (cfr 1Gv 5,4-5). Sta di fatto che in concreto si tratta di credere nel Cristo Gesù, “perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo” (Rm 10,9). Per un approfondimento di tutto ciò ci viene in aiuto Giuseppe Barbaglio, che vogliamo ricordare con gratitudine a dieci anni dalla morte (28 marzo 2007)
"Credere-non credere": questo è il problema, non necessariamente in termini religiosi di fideismo, di confessionalismo, di pratica, di culto, di appartenenza, di osservanza, ma semplicemente in termini di “ascolto-non ascolto”, nei confronti di un Figlio d’uomo che viene presentato dall’alto come l’eletto da ascoltare, ma lungo il fiume Giordano e non in qualche recesso mistico! Prima d’essere categoria e pratica spirituale, l’ascolto è apertura ed esperienza di vita (vero e proprio kairos), che ci costituisce persone e credenti, se è vero che "la fede viene dall'ascolto e l'ascolto riguarda la parola di Cristo" (Rm 10,17).


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