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L’immagine di chiesa come “antica fontana del villaggio” è suggestiva per evidenziare l’inesauribile sua fecondità e novità. Ma sarebbe troppo riduttivo rimanere alla sola immagine, se non si considerasse ciò che le parole di Papa Giovanni vogliono mettere in risalto quanto alla chiesa, e cioè la sua continuità e diversità nel tempo: “Dà l’acqua alle generazioni di oggi, come la diede a quelle del passato”.
In questo senso esse traducono in maniera del tutto trasparente quello che Papa Giovanni dichiarerà essere il “punctum saliens” di tutto il Concilio, per un balzo in avanti verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze, in quanto “altra cosa è il deposito stesso della fede… altra cosa è la forma con cui quelle [verità] vengono enunciate, conservando ad esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata“. È la sfida lanciata da Papa Giovanni da allora a tutta la chiesa per il futuro: che la dottrina e la pastorale, la fede vissuta e la fede proclamata fossero insieme le due facce della stessa medaglia, per proporsi al mondo nella sua originalità sorgiva.
Di questo punto rilevante (“punctum saliens”) se ne è fatta una questione di pensiero e di linguaggio, e questo è giusto; ma si è disatteso il fatto che il tramite naturale o il filo conduttore tra la verità della fede e la comunicazione è originariamente e immancabilmente la “stoltezza della predicazione”. È qui il nodo da sciogliere su cui tornare e da cui ripartire. È la prospettiva in cui in ambito domenicano viene da ripensare alla invocazione al Padre dei Predicatori, san Domenico, che dice: “Acqua di sapienza hai gratuitamente elargito, Predicatore della grazia, ricongiungi anche noi ai santi del cielo”! E se è questo il punto nevralgico per la chiesa, cosa può voler dire oggi essere “Frati dell’Ordine dei Predicatori”?



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