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L’espressione “era costantiniana” ha una sua storia ed è all’origine di quell’ideale di “cristianità” a cui la chiesa ha legato tutta la sua vicenda per secoli. Chi l’ha ripresa per pronosticarne la fine è il P. M.-D.Chenu, che ne ha fatto la chiave di lettura del futuro Vaticano II circa un anno dopo il suo annuncio e un anno prima della sua apertura. Se oggi, allo scadere dei 60 anni, Papa Francesco si inserisce in questa linea di pensiero e rilancia questa sfida, da una parte sorprende, dall’altra induce a chiedersi cosa ciò significhi e cosa comporti come presa di coscienza e motivo di impegno per tutta la chiesa. Quando dunque egli parla di “chiesa in uscita” con riferimento alla missione, forse c’è prima di tutto da prendere atto di quanto sia improrogabile l’esodo dall’era costantiniana e dalla cristianità come forma storica di chiesa stanziale e sedentaria, che occupa spazi di potere più che dare vita a processi. È chiaro che non basta più prolungare un discorso accademico sul tema, ma c’è da riprendere in mano l’opera di trasformazione epocale che il Vaticano II ha solo iniziato. Non c’è più l’effetto sorpresa, ma c’è l’urgenza dei tempi!
Per la verità, si può dire che Koinonia ha seguito e perseguito da sempre questo obiettivo sul campo. Se ora in questo senso, grazie alle parole del papa, si ritrova in qualche modo sdoganata, può godere di nuova cittadinanza e offrire un terreno sicuro e aperto per ogni eventuale confronto di orientamento e di posizioni. A condizione di crederci e di spendersi a dispetto di se stessi!
In ogni caso, quello che ora ci sembra opportuno fare è leggere il nostro cammino alla luce del testo del P.Chenu “la fine dell’era costantiniana”, e al tempo stesso leggere questo testo alla luce della esperienza di questi anni. È un cammino più che mai aperto, per chi se la sente.


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