10 gennaio 2021 - BATTESIMO DEL SIGNORE (ANNO B)

 

Giotto: Battesimo di Cristo (1303-1305)

 

 

PRIMA LETTURA (Isaia 55,1-11)

Così dice il Signore:
«O voi tutti assetati, venite all’acqua,
voi che non avete denaro, venite;
comprate e mangiate; venite, comprate
senza denaro, senza pagare, vino e latte.
Perché spendete denaro per ciò che non è pane,
il vostro guadagno per ciò che non sazia?
Su, ascoltatemi e mangerete cose buone
e gusterete cibi succulenti.
Porgete l’orecchio e venite a me,
ascoltate e vivrete.
Io stabilirò per voi un’alleanza eterna,
i favori assicurati a Davide.
Ecco, l’ho costituito testimone fra i popoli,
principe e sovrano sulle nazioni.
Ecco, tu chiamerai gente che non conoscevi;
accorreranno a te nazioni che non ti conoscevano
a causa del Signore, tuo Dio,
del Santo d’Israele, che ti onora.
Cercate il Signore, mentre si fa trovare,
invocatelo, mentre è vicino.
L’empio abbandoni la sua via
e l’uomo iniquo i suoi pensieri;
ritorni al Signore che avrà misericordia di lui
e al nostro Dio che largamente perdona.
Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri,
le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore.
Quanto il cielo sovrasta la terra,
tanto le mie vie sovrastano le vostre vie,
i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri.
Come infatti la pioggia e la neve scendono dal cielo
e non vi ritornano senza avere irrigato la terra,
senza averla fecondata e fatta germogliare,
perché dia il seme a chi semina
e il pane a chi mangia,
così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca:
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero
e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata».


SALMO RESPONSORIALE (Da Isaia 12)


Rit. Attingeremo con gioia alle sorgenti della salvezza.

 

Ecco, Dio è la mia salvezza;
io avrò fiducia, non avrò timore,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.

Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome,
proclamate fra i popoli le sue opere,
fate ricordare che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse,
le conosca tutta la terra.
Canta ed esulta, tu che abiti in Sion,
perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

 

 

SECONDA LETTURA (1 Giovanni 5,1-9)

Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato. In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi. Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.

E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità. Poiché tre sono quelli che danno testimonianza: lo Spirito, l’acqua e il sangue, e questi tre sono concordi. Se accettiamo la testimonianza degli uomini, la testimonianza di Dio è superiore: e questa è la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio.



VANGELO (Marco 1,7-11)

In quel tempo, Giovanni proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Ed ecco, in quei giorni, Gesù venne da Nàzaret di Galilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. E, subito, uscendo dall’acqua, vide squarciarsi i cieli e lo Spirito discendere verso di lui come una colomba. E venne una voce dal cielo: «Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento».



In altre parole…

 

Queste “altre parole” non vogliono essere di spiegazione o di insegnamento – per questo la Scrittura basta a se stessa – ma piuttosto di accompagnamento nel nostro cammino di fede come Popolo di Dio nel mondo. E questo perché prendiamo a cuore il mistero della salvezza di cui essere segno e strumento in attitudine attiva e non solo recettiva. Quanto leggiamo nel prologo di Giovanni ci mette nella posizione giusta per condividere questo impegno, quando ci dice: “E noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come quella dell'Unigenito venuto da presso al Padre” (Gv 1,14).

 

Prima di qualunque altra cosa da farsi, abbiamo qui la nostra condizione originaria di credenti: se siamo credenti è prima di tutto perché vediamo questa gloria o manifestazione di vita, di luce, di grazia e di verità. È la condizione di perenne Epifania (manifestazione, rivelazione), perché, se “in lui era la vita, la vita era la luce degli uomini… La vera luce che illumina ogni uomo” (Gv 1,4.9). È questa la ragione per cui recitiamo nel Gloria: ”Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa”. La narrazione evangelica dei Magi non è che il segno della diffusione di questa luce vera degli uomini. Ma è anche l’avvertimento che non basta sapere le cose e magari farle sapere agli altri – come è per i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo – ma ci deve essere qualcuno che la luce la cerchi e la segua come la propria stella! Non basta insomma che le cose avvengano e si celebrino, se qualcuno non se ne fa interprete come può, come seguace o come inviato, in ogni caso in movimento.

 

Tutto questo non è che irradiazione del Verbo di Dio fatto carne. E cioè di colui a cui il Battista apre la strada come al più forte di lui, in quanto “battezzerà in Spirito santo”: quel Gesù che viene da Nazaret per farsi battezzare con acqua nel Giordano, vincendo le resistenze di Giovanni, che non si ritiene degno di slegarli i lacci dei sandali. Bisognerebbe entrare nel cuore di Giovanni e misurare quale distanza avvertisse nei confronti di Gesù e condividerne il dramma interiore di rapporto con lui, per noi forse troppo automatico. Ma al tempo stesso bisognerebbe percepire il sentimento di Gesù che scende nelle acque del Giordano per farsi lui stesso battezzare.

Ma è quando vede squarciarsi i cieli e lo Spirito santo posarsi su di lui, che egli è investito della missione di battezzare in Spirito quanti cercavano la purificazione e la rigenerazione di penitenza nell’acqua, quasi una nuova liberazione dalle acque del Mar Rosso e un definitivo attraversamento del Giordano. È il momento che evidenzia Giotto nel suo dipinto, facendoci capire che su quell’uomo nudo nelle acque si aprono i cieli, e una voce lo accrediti come “l'ultimo Adamo, spirito vivificante” (1Cor 15,45). È la manifestazione potente della sua gloria e della sua missione, quella di far passare il compiacimento del Padre da lui a noi, per farci entrare “nella libertà della gloria dei figliuoli di Dio” (Rm 8, 21).

Non si capisce come mai parole simili siano fatte oggetto di indagine approfondita da parte di studiosi, al tempo stesso in cui vengono banalizzate per il popolo dei credenti per presunte ragioni di semplificazione, per farle diventare mitologia religiosa. Forse basterebbe imparare a prenderle nella loro asciutta verità: nel loro valore di gloria o di rivelazione, e da parte nostra contemplare questa gloria, che diversamente ci passa inosservata sopra la testa: perché si tratta di contemplare l’Unigenito del Padre e non fermarsi alla spettacolarità delle manifestazioni, come serve a poco affidarsi a singolari ipotesi interpretative! Di questa “luce della fede” – o della fede come luce – dovrebbe essere simbolo vivente ogni comunità di credenti, prima ancora che esempio di sentimento religioso o devozione! La luce di Cristo ci viene consegnata al momento del battesimo!

È la stessa Scrittura a volerci tali - “voi siete la luce del mondo” (Mt 5,14) - e a guidarci in questa esperienza di gloria, come la stella per i Magi. Ecco allora il profeta Isaia con i suoi pressanti inviti, che in qualche modo anticipano le sollecitazioni ricorrenti nei vangeli. C’è l’invito a mangiare e bere in abbondanza e gratuità cibi e bevande di vita che sazino. Il richiamo eucaristico è inevitabile, così come non si può non ricordare che “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio: “Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti”.

L’invito quindi è ad ascoltare, che non è una disquisizione sull’ascolto, ma un porgere l’orecchio e affidarci a chi ci parla per entrare con noi in un’alleanza eterna, mentre si aspetta da noi che ci facciamo portavoce verso gente e nazioni chiamate tutte ad andare verso il Santo di Israele, perché il banchetto è per tutti i popoli. Tutti siamo invitati a cercare e invocare il Signore che è vicino e si fa trovare, il “nostro Dio che largamente perdona”. Il pensiero va al “figliol prodigo”, che è poi tutti noi!

Siamo avvertiti che il suo modo di pensare non dobbiamo confonderlo col nostro, ma che nonostante l’enorme distanza tra i suoi e i nostri pensieri - come tra il cielo e la terra – egli arriva a noi con la sua Parola che scende a noi come la neve e la pioggia che si fanno terra “perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia”. Il segreto di tutto è racchiuso in questa Parola come in un seme, dove c’è anche la potenza di vita e di salvezza “in speranza”. Infatti, “così sarà della mia parola uscita dalla mia bocca: non ritornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata”.

Se questa è la nostra esperienza e condizione di credenti, allora possiamo rispecchiarci nelle parole della lettera di Giovanni, per ritrovare nella fede la nostra vittoria sul mondo, sapendo che “che siamo passati dalla morte alla vita, perché amiamo i fratelli” (1Gv 3,14). È la fede di “chi crede che Gesù è il Figlio di Dio”, colui di cui danno testimonianza “lo Spirito, l’acqua e il sangue”, che è poi “la testimonianza di Dio, che egli ha dato riguardo al proprio Figlio”. Lasciarsi coinvolgere da questa testimonianza ci dà il potere di essere generati da Dio come suoi figli, in una circolarità di amore che va dal Padre, al Figlio suo Gesù e ai figli di Dio tutti. Fino a poter dire sempre con 1Giovanni 4,16: “Noi abbiamo conosciuto l'amore che Dio ha per noi, e vi abbiamo creduto. Dio è amore; e chi rimane nell'amore rimane in Dio e Dio rimane in lui”. È questa l’arte da apprendere e il banco di prova della nostra esperienza quotidiana.

Quando diciamo “fratelli tutti” è in qualche modo una professione di fede e non solo dichiarazione di un principio universale o di una facile utopia di fraternità: è perché “crediamo nell’amore”. Amore di Dio e amore del prossimo sono dimensioni che possono convergere ma che non necessariamente coincidono, e distinguerle per unirle non è fuori luogo. Anche l’universalità della salvezza testimoniata dai Magi vale senz’altro per tutti, ma di fatto si realizza solo in alcuni e non per tutti alla stessa maniera. Verrebbe semplicemente da ripeterci: “Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie. Oracolo del Signore”. (ABS)


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