9 ottobre 2022 - XXVIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

 

 

Cornelis Engebrechtsz: Naaman si bagna nel Giordano (1520)

Vienna, Kunsthistorisches Museum

 

PRIMA LETTURA (2Re 5,14-17)

In quei giorni, Naamàn [, il comandante dell’esercito del re di Aram,] scese e si immerse nel Giordano sette volte, secondo la parola di Elisèo, uomo di Dio, e il suo corpo ridivenne come il corpo di un ragazzo; egli era purificato [dalla sua lebbra].

Tornò con tutto il seguito da [Elisèo,] l’uomo di Dio; entrò e stette davanti a lui dicendo: «Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo». Quello disse: «Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò». L’altro insisteva perché accettasse, ma egli rifiutò.

Allora Naamàn disse: «Se è no, sia permesso almeno al tuo servo di caricare qui tanta terra quanta ne porta una coppia di muli, perché il tuo servo non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 97)


Rit. Il Signore ha rivelato ai popoli la sua giustizia.

 

Cantate al Signore un canto nuovo,
perché ha compiuto meraviglie.
Gli ha dato vittoria la sua destra
e il suo braccio santo.

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza,
agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia.
Egli si è ricordato del suo amore,
della sua fedeltà alla casa d’Israele.

Tutti i confini della terra hanno veduto
la vittoria del nostro Dio.
Acclami il Signore tutta la terra,
gridate, esultate, cantate inni!

 

 

SECONDA LETTURA (2Timoteo 2,8-13)

Figlio mio,
ricòrdati di Gesù Cristo,
risorto dai morti,
discendente di Davide,
come io annuncio nel mio vangelo,
per il quale soffro
fino a portare le catene come un malfattore.
Ma la parola di Dio non è incatenata! Perciò io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù, insieme alla gloria eterna.
Questa parola è degna di fede:
Se moriamo con lui, con lui anche vivremo;
se perseveriamo, con lui anche regneremo;
se lo rinneghiamo, lui pure ci rinnegherà;
se siamo infedeli, lui rimane fedele,
perché non può rinnegare se stesso.


VANGELO (Luca 17,11-19)

Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.

Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.

Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.

Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».

 

 


In altre parole

 

L’episodio o fatto di cronaca narrato dal libro dei Re ha trovato una sua illustrazione pittorica in Naaman si bagna nel Giordano di Cornelis Engebrechtsz: segno che da queste parole arriva un messaggio da cogliere come itinerario alla scoperta e alla adorazione del Dio vivo e vero. L’immagine rimanda al Battesimo di Giovanni nel Giordano, e quindi ad una esperienza di conversione nelle normali circostanze della vita  e sotto l’intervento della grazia di Dio. Ma per capire come questa grazia irrompe nella nostra esistenza non sarebbe male leggere tutto il brano 2Re 5,1-19. Questo comandante dell’esercito del regno di Aram di cui si narra viene a sapere della presenza in Israele del profeta Eliseo da una ragazza rapita e ora a servizio della moglie di Naaman in Siria. Ci si organizza per poterlo raggiungere secondo una logica di raccomandazione e di potere, che trova però resistenze prima nel re di Israele, ma poi anche nell’uomo di Dio Eliseo, disponibile a venire incontro a Naaman ma senza neanche riceverlo, limitandosi a fargli sapere di andare a bagnarsi sette volte nel Giordano. Egli si sarebbe aspettato un intervento più solenne secondo il suo rango e secondo l’importanza della cosa, mentre ora è quasi indispettito col profeta per l’insignificanza del gesto richiesto. Evidentemente rimane che “i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie” (Is 55,8). E noi facciamo difficoltà ad accettare l’intervento della grazia tra le pieghe della nostra esistenza.

 

E anche qui, dopo l’imprevista informazione della ragazza, ecco il provvidenziale suggerimento dei servi al loro superiore: “Se il profeta ti avesse ingiunto una cosa gravosa, non l'avresti forse eseguita? Tanto più ora che ti ha detto: bagnati e sarai guarito” (2Re 5,13). E il miracolo avviene “secondo la parola di Eliseo, uomo di Dio”: quindi in un ritrovato contesto di umiltà e di obbedienza, che porta Naaman ad una presa di coscienza e a non contentarsi del beneficio ricevuto, ma a tornare dall’uomo di Dio e a stare davanti a lui dicendo: “Ecco, ora so che non c’è Dio su tutta la terra se non in Israele. Adesso accetta un dono dal tuo servo”. Ma anche questa volta c’è il rifiuto di Eliseo di accettare compensi per sé, come se tutto venisse da lui, mentre è Naaman a sorprenderci con la sua significativa richiesta di portare via terra di Israele, perché egli “non intende compiere più un olocausto o un sacrificio ad altri dèi, ma solo al Signore”. Un Signore legato alla terra di Israele, ma una terra che può estendersi e  portare altrove frutti di adorazione e di rendimento di grazie: e non a caso il vangelo dovrà essere portato fino ai confini della terra.

 

Quando si dice che le vie del Signore sono infinite, ne abbiamo motivo e dimostrazione, ed è a questa certezza che il messaggio di Eliseo può portarci. Esse passano anche attraverso l’indignazione di un re che si ritiene provocato dalla richiesta di risanamento per Naaman, ma che poi si sente dire da Eliseo: “Quell'uomo venga da me e saprà che c'è un profeta in Israele”. L’eventuale guarigione dovrà portare a questa presa di coscienza, che cioè “tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio” (Is 52,10). È la prospettiva di salvezza per tutti i popoli che emerge in pienezza nella presenza profetica di Gesù decisamente in cammino verso Gerusalemme, anche quando va incontro ai dieci lebbrosi tutti solidali nel chiedergli pietà. Quasi ripetendo l’invito di Eliseo a Naaman, egli dice loro semplicemente di andare a presentarsi al sacerdote, quasi che la loro guarigione fosse già avvenuta, tant’è che “mentre essi andavano, furono purificati”. Senz’altro un atto di fiducia che li ha premiati, ma che lascia l’opera a mezzo: sembra infatti che per la maggioranza di essi tutto finisca col risanamento ottenuto e con il controllo di rito. Solo per uno su dieci vedersi guarito diventa motivo per tornar indietro a lodare Dio a gran voce e a prostrarsi ai piedi di Gesù per ringraziarlo, ciò che dovrebbe alla fine scattare a nostra stessa sorpresa.

 

Niente di più normale, ma ciò non impedisce l’annotazione dell’evangelista Luca quando registra che anche in quel caso si trattava di un samaritano, mentre si lascia presumere che tutti gli altri fossero israeliti, e quindi legati al tempio, come del resto il sacerdote e il levita della parabola dell’altro samaritano. Da dove anche l’amara costatazione di Gesù: “Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?”. Come Naaman, anche questo straniero trova via libera per rendere gloria a Dio, fino ad essere rassicurato da Gesù di aver trovato lo sbocco giusto per la salvezza oltre la guarigione: “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”. Verrebbe da pensare alla Eucarestia praticata per obbligo o come “precetto” e solo di riflesso come mistero della fede e di salvezza! Vuol dire anche che non bastano miracoli palesi per arrivare alla fede, se questa non zampilla dal cuore come fiume di acqua viva!

 

Attraverso scarne narrazioni, ci viene detto che solo grazie alla fede possiamo avere la salvezza, e che questa salvezza è accessibile a tutti. Se ci muovessimo su questa lunghezza d’onda, non mancherebbero ricadute pastorali e di mentalità decisive, e non ci sarebbe bisogno di rivendicare l’apertura universale della chiesa verso l’umanità o nei confronti delle religioni del mondo: per arrivare a dire che salvezza non è in una formula o una norma, ma prostrarsi “davanti a Gesù, ai suoi piedi”. Bisognerebbe che il rapporto con Gesù fosse di fede e di vita, non solo devozionale o cultuale: fosse un rapporto di verità e non solo sentimentale e pietista, da amico ad amico prima che atto religioso. Diciamoci francamente che ci sarebbe molto da fare per riportare l’asse della pietà cristiana alla centralità della fede, perché sia significativa anche per “stranieri”, mentre succede che si guarda a Gesù solo in ottica ecclesiale e confessionale: quindi restringendo il suo raggio di azione salvifica ed esponendo all’insignificanza il suo stesso Nome. Se non possiamo dirci più cristiani è perché Gesù Cristo non ci dice più nulla o ci dice cose che non interessano più la nostra condizione umana comune.

 

Tutto perciò dipende da come facciamo memoria di lui e la viviamo, perché sono tante le modalità e le sfumature in cui ciò possa avvenire: o in maniera formale e ufficiale ma impersonale; o in maniera intimistica e privata, in ogni caso sempre in un contesto “religioso” riduttivo. Con linguaggio corrente di direbbe che è un punto sempre da monitorare, se già Paolo si raccomanda a Timoteo di ricordarsi di “Gesù Cristo risorto dai morti”, colui che egli annuncia nel suo vangelo e per il quale porta le catene come un malfattore. Ma Paolo ci dice pure che se anche noi fossimo in catene per il vangelo - e in qualche modo lo siamo sempre, perché legati a precomprensioni e a status quo vincolanti - “la parola di Dio non è incatenata” e ci comunica la verità che libera: “Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero”. Non sarebbe male se “fare memoria” di Cristo Signore volesse dire cammino di liberazione. Possiamo continuare a parlare di “sinodo” solo come “cammino insieme”, e dimenticare che deve essere prima di tutto cammino di liberazione, che nasce dalla fedeltà di Dio che non viene meno? (ABS)


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