25 luglio 2021 - XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

 

 

Giovanni Lanfranco: Moltiplicazione dei pani e dei pesci (1620)

Dublino, National Gallery of Ireland:

 

 

PRIMA LETTURA (2Re 4,42-44)

In quei giorni, da Baal Salisà venne un uomo, che portò pane di primizie all’uomo di Dio: venti pani d’orzo e grano novello che aveva nella bisaccia.

Eliseo disse: «Dallo da mangiare alla gente». Ma il suo servitore disse: «Come posso mettere questo davanti a cento persone?». Egli replicò: «Dallo da mangiare alla gente. Poiché così dice il Signore: “Ne mangeranno e ne faranno avanzare”».

Lo pose davanti a quelli, che mangiarono e ne fecero avanzare, secondo la parola del Signore.



SALMO RESPONSORIALE (Salmo 144)


Rit. Apri la tua mano, Signore, e sazia ogni vivente.

 

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere
e ti benedicano i tuoi fedeli.
Dicano la gloria del tuo regno
e parlino della tua potenza.

Gli occhi di tutti a te sono rivolti in attesa
e tu dai loro il cibo a tempo opportuno.
Tu apri la tua mano
e sazi il desiderio di ogni vivente.

Giusto è il Signore in tutte le sue vie
e buono in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a chiunque lo invoca,
a quanti lo invocano con sincerità.

 

 

SECONDA LETTURA (Efesini 4,1-6)

Fratelli, io, prigioniero a motivo del Signore, vi esorto: comportatevi in maniera degna della chiamata che avete ricevuto, con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore, avendo a cuore di conservare l’unità dello spirito per mezzo del vincolo della pace.
Un solo corpo e un solo spirito, come una sola è la speranza alla quale siete stati chiamati, quella della vostra vocazione; un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo. Un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti.


VANGELO (Giovanni 6,1-15)

In quel tempo, Gesù passò all’altra riva del mare di Galilea, cioè di Tiberìade, e lo seguiva una grande folla, perché vedeva i segni che compiva sugli infermi. Gesù salì sul monte e là si pose a sedere con i suoi discepoli. Era vicina la Pasqua, la festa dei Giudei.

Allora Gesù, alzàti gli occhi, vide che una grande folla veniva da lui e disse a Filippo: «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova; egli infatti sapeva quello che stava per compiere. Gli rispose Filippo: «Duecento denari di pane non sono sufficienti neppure perché ognuno possa riceverne un pezzo».

Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: «C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?». Rispose Gesù: «Fateli sedere». C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini.

Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano.

E quando furono saziati, disse ai suoi discepoli: «Raccogliete i pezzi avanzati, perché nulla vada perduto». Li raccolsero e riempirono dodici canestri con i pezzi dei cinque pani d’orzo, avanzati a coloro che avevano mangiato.

Allora la gente, visto il segno che egli aveva compiuto, diceva: «Questi è davvero il profeta, colui che viene nel mondo!». Ma Gesù, sapendo che venivano a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sul monte, lui da solo.



In altre parole…

 

Nel nostro immaginario collettivo, il richiamo alla moltiplicazione dei pani non fa che riportarci a ricordi e sentimenti da prima comunione, salvo poi relegarli nella sfera emozionale o della devozione eucaristica. Tutto insomma viene incanalato sui binari dei comportamenti e della pratica religiosa, tutto viene ritualizzato e archiviato come qualcosa di inutile per la vita. È da chiedersi, per esempio, se una liturgia della Parola, per risultare significativa, debba servire ad alimentare mentalità e visioni religiose evanescenti o non piuttosto aprire nuovi orizzonti di fede! Si direbbe che piove sul bagnato!

 

C’è da dire che spesso, a parte la lettura del testo, non arriva a noi il vangelo alla lettera, ma attraverso glosse, versioni e precomprensioni che risentono di altre spiritualità. Quando gli evangelisti annotavano a più riprese l’episodio della moltiplicazione dei pani, certamente non era in funzione di una tradizione religiosa da sostenere. Del resto lo stesso Gesù, nel compiere questi gesti non si riprometteva secondi fini, se non quello di dare testimonianza di sé (di grazia e di verità) e suscitare fede. Anche l’immagine dell’episodio di Giovanni Lanfranco certamente riflette un’epoca e un mondo (siamo nel ’600), ma ci fa capire che in fondo si trattava di un evento di vita quotidiana che poteva ripetersi in altri contesti. In fondo si trattava  di una giornata di normale missione. In questo senso è indicativo il fatto che di moltiplicazione di pani nel vangeli se ne parli più volte, quasi a volerci dire qualcosa destinato a ripetersi.

E mentre nei Sinottici tutto avviene in un contesto di compassione e di insegnamento al popolo, in Giovanni abbiamo Gesù che sale sul monte dove “si pose a sedere con i suoi discepoli” quasi a voler ripetere il Discorso della Montagna di Matteo. Ma questa volta la prospettiva è “pasquale”, e il nuovo segno che egli compie non fa che anticipare il Discorso sul pane di vita, in parallelo alla manna nel deserto. Sempre a questo proposito, non si può dimenticare che la prima tentazione nel deserto era a trasformare le pietre in pane, mentre la lapidaria risposta è stata che “non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”.

Ed in effetti Gesù  dirà di sé: ”Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera” (Gv 4,34). Sarebbe davvero troppo riduttivo prendere la moltiplicazione dei pani come miracolo per dare prova di sé e conquistare consensi. Quando dopo il suo discorso sul pane di vita vede la gente sciamare, non esita a dire ai suoi: “Volete andarvene anche voi?”. Perché per noi tutto è sbiadito e appiattito, e ad essere valorizzata come assoluto è solo la comunione sacramentale come fatto intimo? E così, ogni giorno da radio di matrice “cattolica” milioni di credenti sono invitati a fare la loro “comunione spirituale” nella impossibilità di farla sacramentalmente, come se tutto fosse in funzione del momento sacramentale e non invece il contrario! E come se la comunione in spirito non fosse reale!

Il precedente della moltiplicazione dei pani ad opera di Eliseo, di cui si narra in 2Re, non fa che confermare che al di là degli episodi c’è una continuità di significato e di mistero, come ci lascia intuire il salmo 135,25: “Egli dà il cibo ad ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia”. Così come c’è una continuità vitale nella nostra condizione di credenti con fame e sete di giustizia, potendo ripetere col Salmo 144,16: “Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente”.

Tutto insomma ci consente di pensare che la moltiplicazione dei pani ci rimanda sì alla Eucarestia, non però come terminale ma come apertura di orizzonti di vita di fede a tutto campo: come viatico nel cammino di Popolo di Dio e in quello personale. Il cibo non può prescindere da chi lo assume e dal cammino che questi deve fare! Una Eucarestia avulsa e circoscritta a fatto cultuale rischia di diventare una contraddizione in termini e un cortocircuito nella vita della chiesa.

E forse non è fuori luogo leggere il capitolo 6 di Giovanni alla luce e in relazione alle parole della preghiera al Padre “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, messi davanti ad affermazioni perentorie di questo tipo: “Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà mai più sete” (Gv 6,35). Nel racconto di Giovanni, contrariamente al resoconto dei sinottici, è Gesù stesso a preoccuparsi perché quanti lo seguivano avessero da mangiare, nella piena consapevolezza e dominio di quanto egli intendeva fare, e nonostante che Filippo ed Andrea lo richiamino alla sproporzione tra la quantità della folla e le insufficienti risorse di denaro e di pani per poter sfamare tutta quella gente!

Vediamo allora Gesù, quasi incurante di queste difficoltà, ergersi in mezzo a loro con la stessa libertà e determinazione che dimostrerà nell’ultima cena, per “rendere grazie” e ordinare la distribuzione dei pani a quanti erano seduti, quasi a rappresentare gli invitati di turno  al Regno di Dio. Le ceste dei pani avanzati stanno a dire che quel banchetto non finiva lì, ma rimaneva aperto perché – egli ci dice  – “come il Padre vivente mi ha mandato e io vivo a motivo del Padre, così chi mi mangia vivrà anch'egli a motivo di me” (Gv 6,57).

Qualcosa che viene percepito da quella gente come segno messianico che la porta a riconoscerlo come il profeta che deve venire nel mondo. Ma Gesù non si fida di loro e si sottrae al loro entusiasmo e al loro fraintendimento, rientrando nel suo riserbo e nella sua solitudine, una solitudine che perdura e forse è eterna nel “seno del Padre”, quella a cui vuole attirare anche noi per essere insieme a lui potenza di comunione più che di socializzazione o di facile entusiasmo comunitario! Non sembra che Gesù puntasse al consenso per qualche formula di raduno, ma unicamente all’assenso personale a se stesso, per poi riunirci nel suo nome!

Questo ci dice quale deve essere il nostro modo di camminare, come del resto ci insegna e ci esorta a fare Paolo “prigioniero a motivo del Signore”: “con ogni umiltà, dolcezza e magnanimità, sopportandovi a vicenda nell’amore”. Questo sul piano personale, ma sempre alla ricerca di quella unità dello spirito, dove il vincolo della pace non va ridotto a mero principio identitario, ma deve essere fermento di pace.  

Ma perché tutto questo possa stare in piedi e si possa essere degni e all’altezza di questa chiamata c’è da essere prima di tutto un solo corpo e un solo spirito in un’unica speranza! Cosa possibile a condizione che a fondamento ci sia “un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo“. In sostanza, che si faccia una profonda esperienza teologale di “un solo Dio e Padre di tutti, che è al di sopra di tutti, opera per mezzo di tutti ed è presente in tutti”. Perché san Paolo poteva proporre simili traguardi ai primi cristiani di Efeso, mentre noi ci guardiamo bene dallo scomodare le nostre coscienze cristiane standardizzate? (ABS)


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