26 luglio 2020 - XVII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Vincent van Gogh: Barche da pesca in mare (1888)

 

PRIMA LETTURA (1Re 3,5.7-12)

In quei giorni a Gàbaon il Signore apparve a Salomone in sogno durante la notte. Dio disse: «Chiedimi ciò che vuoi che io ti conceda».

Salomone disse: «Signore, mio Dio, tu hai fatto regnare il tuo servo al posto di Davide, mio padre. Ebbene io sono solo un ragazzo; non so come regolarmi. Il tuo servo è in mezzo al tuo popolo che hai scelto, popolo numeroso che per la quantità non si può calcolare né contare. Concedi al tuo servo un cuore docile, perché sappia rendere giustizia al tuo popolo e sappia distinguere il bene dal male; infatti chi può governare questo tuo popolo così numeroso?».

Piacque agli occhi del Signore che Salomone avesse domandato questa cosa. Dio gli disse: «Poiché hai domandato questa cosa e non hai domandato per te molti giorni, né hai domandato per te ricchezza, né hai domandato la vita dei tuoi nemici, ma hai domandato per te il discernimento nel giudicare, ecco, faccio secondo le tue parole. Ti concedo un cuore saggio e intelligente: uno come te non ci fu prima di te né sorgerà dopo di te».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salm0 118)

Rit. Quanto amo la tua legge, Signore!

La mia parte è il Signore:
ho deciso di osservare le tue parole.
Bene per me è la legge della tua bocca,
più di mille pezzi d’oro e d’argento.

Il tuo amore sia la mia consolazione,
secondo la promessa fatta al tuo servo.
Venga a me la tua misericordia e io avrò vita,
perché la tua legge è la mia delizia.

Perciò amo i tuoi comandi,
più dell’oro, dell’oro più fino.
Per questo io considero retti tutti i tuoi precetti
e odio ogni falso sentiero.

Meravigliosi sono i tuoi insegnamenti:
per questo li custodisco.
La rivelazione delle tue parole illumina,
dona intelligenza ai semplici.

 

SECONDA LETTURA (Romani 8,28-30)

Fratelli, noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno.

Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto, li ha anche predestinati a essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinato, li ha anche chiamati; quelli che ha chiamato, li ha anche giustificati; quelli che ha giustificato, li ha anche glorificati.

 

 

VANGELO (Matteo 13,44-52)

 

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli:

«Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto nel campo; un uomo lo trova e lo nasconde; poi va, pieno di gioia, vende tutti i suoi averi e compra quel campo.

Il regno dei cieli è simile anche a un mercante che va in cerca di perle preziose; trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra.

Ancora, il regno dei cieli è simile a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. Quando è piena, i pescatori la tirano a riva, si mettono a sedere, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti.
Avete compreso tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».



In altre  parole…

Ancora una volta, nell’insegnamento in parabole, si torna a parlare di campo in cui è nascosto un tesoro, quello stesso campo in cui è seminata la parola del regno e che in fondo è il cuore dell’uomo in tutte le sue sfaccettature: così, quando si parla del seme caduto sulla strada che il maligno porta via, è quando la Parola di Dio viene sì ascoltata, ma non compresa e metabolizzata! Non avviene cioè la necessaria simbiosi e ci ritroviamo come ascoltatori smemorati. Non basta cioè fermarsi alla reazione immediata, perché la Parola di Dio va compresa e fatta propria, come del resto faceva Maria, che “da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore” (Lc 2,19).

Di qui l’ammonimento della lettera di Giacomo: “Perciò, deposta ogni impurità e ogni resto di malizia, accogliete con docilità la parola che è stata seminata in voi e che può salvare le vostre anime” (Gc 1,21). La comprensione del “vangelo del regno”, rivelato ai piccoli e annunciato ai poveri, sta veramente a cuore a Gesù, che non si contenta di predicarlo, ma che vuole che sia accolto, valorizzato e condiviso, e quindi capito, per quello che esso è nella storia degli uomini e nell’esistenza di ciascuno. Quindi, non basta avere la fortuna di trovare un tesoro nascosto per poi lasciarlo lì e contentarsi di sapere dov’è. Perché, o ci mobilita e trasforma la nostra vita o diventa una sterile soddisfazione.

Che Gesù abbia a cuore una giusta e fruttuosa comprensione della “parola del regno” lo fa capire di continuo, tanto che chiude il suo discorso in parabole con la domanda: “Avete compreso tutte queste cose?”. E quando i discepoli gli rispondono “Sì” egli chiarisce cosa comporta diventare discepoli del regno con la responsabilità di “scribi” e cioè di insegnare e di trasmettere il vangelo di Dio: “Per questo ogni scriba, divenuto discepolo del regno dei cieli, è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. L’evangelista Matteo sembra presentare se stesso e la sua opera, ma al tempo stesso esorta a sentirsi liberi e padroni di far tesoro degli insegnamenti antichi e nuovi da condividere.

Se vogliamo una formula per coordinare continuità e rottura può essere questa: “cose nuove e cose antiche” fanno parte dello stesso tesoro, che va amministrato a vantaggio di tutti e non come proprietà esclusiva. E qui si torna al tesoro nascosto nel campo, di cui non ci si appropria portandolo via, ma che richiede alienazione dei propri beni per poter acquistare l’intero terreno, e quindi astuzia e trattativa per venirne in possesso. Il regno di Dio va accolto non in rottura ed esclusione di tutto il resto, ma neanche alla pari di tutto il resto, piuttosto per quello che è dentro tutto il resto della condizione umana e storica: non al di fuori del mondo, ma neanche un tutt’uno col mondo. Cercare prima di tutto il regno di Dio e la sua giustizia fa sì che tutto il resto sia in aggiunta (Mt 6,33): se il regno di Dio ha il primato assoluto ha però le sue condizioni di fatto!

Eccoci allora alla ricerca della perla preziosa di grande valore, per la quale merita vendere tutti i propri averi per comprarla. In diverso contesto ci viene detto che è necessario addirittura “odiare” la propria vita o mettere in mora se stessi per entrare in questo nuovo ordine di cose! Il regno di Dio postula appassionata ricerca, così come del resto è qualcosa di nascosto che si fa trovare casualmente, ad evidenziare il suo valore verticale irriducibile. Ma poi appunto ci sono le sue condizioni di fatto non sempre favorevoli come i terreni improduttivi o come la zizzania, che evidenziano la sua dimensione orizzontale. In questo senso ci viene detto della rete gettata in mare “che raccoglie ogni genere di pesci”, e solo in un secondo momento è possibile fare una cernita decisa tra buoni e cattivi, qualcosa però che non è in nostro potere.

Non possiamo dimenticare che se Gesù si presenta come il seminatore, ha però promosso a “pescatori di uomini” i suoi primi discepoli, e questo richiamo alla rete è quanto mai appropriato per far capire quale deve essere il modo di operare della sua chiesa nel mondo in mare aperto e non in riserve di pesca sportiva. Che colpa hanno i pesci non buoni per essere gettati “nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti”? Ma questo vale anche per i pesci buoni, perché non è questione di meriti e demeriti a carico di quanti rientrano nel regno di Dio, ma c’è un richiamo a quanti hanno il compito di accogliere chiunque, senza anticipare i tempi e i criteri di giudizio e di esclusione. Essere pescatori di uomini è adoperarsi per la salvezza di chiunque, buoni e cattivi, senza riserve, pregiudizi o discriminazioni. Dovrebbe essere questo lo stile e il metodo di una chiesa come comunione di santi e peccatori! È anche questo quanto Gesù vuole che i suoi discepoli comprendano, per diventare scribi del regno di Dio, capaci di mettere a frutto e riconciliare tutte le cose.

Volendo cercare il regno di Dio e la sua giustizia nelle condizioni materiali, storiche ed esistenziali in cui versiamo, il principio che ci può guidare è questo: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene, per quelli che amano Dio, per coloro che sono stati chiamati secondo il suo disegno”. Se un tesoro trovato nel campo della vita e una perla preziosa voluta a tutti i costi cambiano l’esistenza, dobbiamo sapere che in ultima analisi si tratta dell’amore di Dio capace di risolvere ogni cosa in bene.

Il disegno secondo cui siamo chiamati, il filo conduttore del piano di Dio nei nostri confronti, è quello di portarci ad “essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli”. In questo disegno di creazione e di salvezza, tutto è finalizzato al Cristo Signore, al tempo stesso in cui egli è finalizzato a noi uomini e alla nostra salvezza, chiamati appunto ad essere e riconoscerci in lui. Infatti il Padre “in lui ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà” (Ef 1,4-6).

Quando ci viene detto che siamo “predestinati”, non vuol dire sentirsi predeterminati o programmati, ma essere ordinati a Cristo “secondo il beneplacito della sua volontà”: come “chiamati ad essere santi” (1Cor 1,2), “alla comunione del Figlio suo Gesù Cristo, Signore nostro”, (1Cor 1,9), “a libertà” (Gal 5,13), alla speranza, alla pace, alla gloria. Purtroppo non siamo più capaci di pensare il disegno del Padre verso di noi, riducendo la verità della nostra fede a sentimento religioso, a coscienza morale, a devozione cultuale, ad emozione celebrativa: e cioè ad espressioni di contorno, quando invece è realtà viva in cui siamo coinvolti e di cui essere partecipi e testimoni come cristiani, o “alter Christus”.

È in Cristo in realtà che siamo giustificati o riconsegnati alla vita per la sua morte, per essere con lui glorificati: “ed è per lui che voi siete in Cristo Gesù, il quale per opera di Dio è diventato per noi sapienza, giustizia, santificazione e redenzione” (1Cor 1,30). Di tutto ciò bisogna imparare e insegnare a tener conto per farne viva esperienza, perché sono qui il tesoro e la perla preziosa da fare nostri e da investire. Se vogliamo ispirarci a Salomone, sappiamo perciò cosa chiedere come dono dall’alto, quando ci rendiamo conto che qualcuno ci viene incontro ed è pronto a concederlo: un cuore docile e il discernimento nel giudicare, per “essere conformi all’immagine del Figlio suo”, come scribi che diventano discepoli del regno dei cieli. Perché rinunciare a questa dignità? (ABS)


.