30 giugno 2019 -  XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO C)

 

Vincent van Gogh: Aratura (1884) part.



PRIMA LETTURA (1Re 19,16.19-21)

In quei giorni, il Signore disse a Elìa: «Ungerai Eliseo, figlio di Safat, di Abel-Mecolà, come profeta al tuo posto».

Partito di lì, Elìa trovò Eliseo, figlio di Safat. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il dodicesimo. Elìa, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello.
Quello lasciò i buoi e corse dietro a Elìa, dicendogli: «Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò». Elìa disse: «Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te».

Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con la legna del giogo dei buoi fece cuocere la carne e la diede al popolo, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elìa, entrando al suo servizio.

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 15)


Rit. Sei tu, Signore, l’unico mio bene.

 

Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio.
Ho detto al Signore: «Il mio Signore sei tu».
Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita.

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;
anche di notte il mio animo mi istruisce.
Io pongo sempre davanti a me il Signore,
sta alla mia destra, non potrò vacillare.

Per questo gioisce il mio cuore
ed esulta la mia anima;
anche il mio corpo riposa al sicuro,
perché non abbandonerai la mia vita negli inferi,
né lascerai che il tuo fedele veda la fossa.

Mi indicherai il sentiero della vita,
gioia piena alla tua presenza,
dolcezza senza fine alla tua destra.

 

 

SECONDA LETTURA (Galati 5,1.13-18)

Fratelli, Cristo ci ha liberati per la libertà! State dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della schiavitù.

Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà. Che questa libertà non divenga però un pretesto per la carne; mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri. Tutta la Legge infatti trova la sua pienezza in un solo precetto: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». Ma se vi mordete e vi divorate a vicenda, badate almeno di non distruggervi del tutto gli uni gli altri!
Vi dico dunque: camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a soddisfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste.

Ma se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge.

 

 

VANGELO (Luca 9,51-62)

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».

A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».

Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio».

 

 

In altre parole…

 

Torniamo per un attimo alla scena della moltiplicazione dei pani, in cui si distinguono nettamente due orientamenti diversi: quello di un Gesù che continua ostinatamente  a parlare del regno di Dio e a guarire malati, senza preoccuparsi delle sorti di quella immensa folla in una zona deserta a fine giornata; quello dei discepoli che invece si preoccupano della gente e fanno pressione su Gesù perché la rimandi a casa, per sentirsi però replicare di dare loro stessi da mangiare. Sappiamo poi come sono andate le cose, ma non possiamo non prendere atto che questi due atteggiamenti rivelano logiche diverse conflitto tra di loro, e che non sempre trovano una risoluzione dialettica, lasciando invece che tutto si appiattisca o sul miracolismo o sull’attivismo!

Dico questo, perché sembra che la Parola di Dio di questa domenica spinga ad entrare nella via stretta che Gesù sta seguendo per primo, come volesse gettarci addosso il suo mantello e ripeterci: “Va’ e torna, perché sai che cosa ho fatto per te”. Si tratta dunque ancora una volta di “rivestirci di Cristo” (cfr Rom 13,14) e di avere i suoi sentimenti (cfr Fil 2,5): di entrare alla sua sequela, con la stessa determinazione, coraggio e libertà che lui ha avuto. Quando nelle preghiere eucaristiche si dice “offrendosi liberamente alla sua passione” e “venuta l’ora di dare la vita per la nostra liberazione” non si fa che tornare a questa sua “ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme”, dove si sarebbero compiuti “i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto”: Gerusalemme infatti vuol dire per lui ostilità, persecuzione, passione, croce e morte!

E se da una parte è vero che “nessun profeta è bene accetto in patria” (Lc 4,24), dall’altra egli ci dice: “Bisogna che io cammini oggi, domani e dopodomani, perché non può essere che un profeta muoia fuori di Gerusalemme” (Lc 13,33). Dopo il fallimento e la delusione in Galilea, ecco il viaggio verso Gerusalemme, che induce gli abitanti di Samaria ad essere inospitali, causa l’inimicizia con i Giudei e l’opposizione a Gerusalemme. Nessun tentativo da parte di Gesù di farli ravvedere e di convincerli con le sue argomentazioni (ne aveva parlato già con la samaritana al pozzo di Giacobbe), ma libera decisione di prendere un’altra strada. Non è esattamente quello che sappiamo fare noi, pensando sempre di avere buone ragioni per trovare accordi!

Ed eccoci allora messi davanti alle nostre scelte, magari affascinati dalle aperture, dagli insegnamenti, dall’esempio di quel maestro, con la voglia e l’entusiasmo di seguirlo dovunque egli vada, ma forse senza renderci conto che andremmo dietro a un Figlio dell’uomo che “non ha dove posare il capo”. Così come non se ne rendeva conto Pietro quando spavaldamente dichiarava: “Anche se dovessi morire con te, non ti rinnegherò” (Mt 26,35). O sottovalutiamo la radicalità dell’impegno, e allora andiamo avanti in una illusione collettiva, o ci rendiamo conto di quanto ci è richiesto, e allora è il momento della decisione e della scelta!

Non sappiamo se l’altro a cui Gesù dice “seguimi” lo abbia seguito o meno. Sta di fatto che al suo legittimo desiderio di seppellire prima il padre si sente replicare con parole quasi disumane: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio”. L’avvertimento è paradossale ma è chiaro: anche quanto c’è di più sacro nella vita è relativo rispetto all’annuncio del Regno di Dio, a cui dedicarsi in piena libertà. Perché anche questa è liberazione: sapere a cosa dare giusta importanza! E di quante realtà morte noi ci occupiamo come primarie, quando invece pensiamo che l’annuncio del regno di Dio ne consegua quasi automaticamente, quasi che si realizzasse nelle nostre “opere” più che nella conversione dei cuori!

 

In questa tipologia di chiamate alla sequela, ecco presentarsi un altro volontario che gli dice “ti seguirò, ma prima ho bisogno di sistemare le cose in casa mia”. Ma dopo che è stata richiamata la condizione del Figlio dell’uomo a differenza delle volpi che hanno le loro tante e degli uccelli che hanno i loro nidi; dopo che è stato ingiunto di lasciare le cose morte ai morti, arriviamo ora a sapere come rapportarsi al proprio ambiente umano per non rimanere invischiati in tentativi di sistemazione, di intesa e di chiarimento  alquanto inutili, se manca un comune riferimento di fondo che ci liberi dalla nostre vedute parziali e faccia così emergere l’obiettivo da perseguire e l’impegno da profondere.

È necessaria tutta la passione e la tensione del cuore per spingere in avanti l’aratro cui abbiamo messo mano, senza tentennamenti o rimpianti. E se volessimo dare un nome a questo aratro, esso è “libertà”, la fatica e la conquista della libertà, a cui siamo stati chiamati: “Voi infatti, fratelli, siete stati chiamati a libertà”, che è poi il senso di ogni altra chiamata, perché “Cristo ci ha liberati per la libertà!”. E sta a noi non lasciarsela rubare e lasciarsi “imporre di nuovo il giogo della schiavitù”: del legalismo, del moralismo, del conformismo, della paura. Certamente non mancano esempi di uomini liberi della libertà di Cristo, ma forse sono tutte da ripensare e da creare comunità che vivano e testimonino la libertà dello Spirito, perché “se vi lasciate guidare dallo Spirito, non siete sotto la Legge”, e perché “Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà” (2Cor 3,17).

Naturalmente sta anche a noi non compromettere questa libertà, usandola come pretesto per autoaffermazioni o a fini egoistici, mentre deve diventare strumento, perché “mediante l’amore siate invece a servizio gli uni degli altri”. Sapendo che “tutta la Legge trova la sua pienezza in un solo precetto”, quello dell’amore! Riuscire a vivere la nostra libertà alla maniera in cui Cristo Gesù l’ha vissuta, per la liberazione di tutti! Volendo sapere qual è il segreto per arrivare a tanto, ce lo rivela lui stesso: “Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi… se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero (Gv 8,31-32.36). Ma quale spazio ha questo insegnamento nella predicazione della chiesa e nell’ educazione delle coscienze? E non sarebbe questa la chiave per un cambiamento d’epoca di un Popolo di Dio messianico nella storia? L’immagine dell’aratura di van Gogh ci può ispirare. (ABS)


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