14 maggio 2023 - VI DOMENICA DI PASQUA (ANNO A)

Lo Spirito Santo

Vetrata della Cattedra di San Pietro realizzata da Gian Lorenzo Bernini (1656-1665)

Roma, Basilica di San Pietro 

 

PRIMA LETTURA (Atti degli Apostoli 8,5-8.14-17)

In quei giorni, Filippo, sceso in una città della Samarìa, predicava loro il Cristo. E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva. Infatti da molti indemoniati uscivano spiriti impuri, emettendo alte grida, e molti paralitici e storpi furono guariti. E vi fu grande gioia in quella città.

Frattanto gli apostoli, a Gerusalemme, seppero che la Samarìa aveva accolto la parola di Dio e inviarono a loro Pietro e Giovanni. Essi scesero e pregarono per loro perché ricevessero lo Spirito Santo; non era infatti ancora disceso sopra nessuno di loro, ma erano stati soltanto battezzati nel nome del Signore Gesù. Allora imponevano loro le mani e quelli ricevevano lo Spirito Santo.

 

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 65)


Rit. Acclamate Dio, voi tutti della terra.

 

Acclamate Dio, voi tutti della terra,
cantate la gloria del suo nome,
dategli gloria con la lode.
Dite a Dio: «Terribili sono le tue opere!

A te si prostri tutta la terra,
a te canti inni, canti al tuo nome».
Venite e vedete le opere di Dio,
terribile nel suo agire sugli uomini.

Egli cambiò il mare in terraferma;
passarono a piedi il fiume:
per questo in lui esultiamo di gioia.
Con la sua forza domina in eterno.

Venite, ascoltate, voi tutti che temete Dio,
e narrerò quanto per me ha fatto.
Sia benedetto Dio,
che non ha respinto la mia preghiera,
non mi ha negato la sua misericordia.

 

 

SECONDA LETTURA (1 Pietro 3,15-18)

Carissimi, adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della speranza che è in voi.

Tuttavia questo sia fatto con dolcezza e rispetto, con una retta coscienza, perché, nel momento stesso in cui si parla male di voi, rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in Cristo.

Se questa infatti è la volontà di Dio, è meglio soffrire operando il bene che facendo il male, perché anche Cristo è morto una volta per sempre per i peccati, giusto per gli ingiusti, per ricondurvi a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito.

 

 

VANGELO (Giovanni 14,15-21)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi.

Non vi lascerò orfani: verrò da voi. Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi.

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

 

 

In altre parole…

 

L’immagine della colomba del Bernini che domina sulla Cattedra di San Pietro è espressiva di suo, tanto più se si ripensa alle parole di Giovanni XXIII sull’aria nuova che sarebbe entrata dalle finestre della Basilica col Concilio e se si riascolta la sua voce nel discorso della luna, quando dice: “Stamattina è stato uno spettacolo che neppure la Basilica di San Pietro, che ha quattro secoli di storia, non ha mai potuto contemplare”. A riprova di quanto egli pensasse il Vaticano II come nuova Pentecoste e come opera dello Spirito Santo che parla per mezzo dei profeti: motivo per noi per tener conto di quanto lo Spirito di Dio sia all’origine di una chiesa rigenerata, e non tanto per le successive manifestazioni carismatiche e pentecostali di seconda mano,  ma nella sua stessa natura ed azione.

 

È quanto ci è dato di cogliere nelle letture di questa nuova tappa pasquale: dove vediamo come tutto nascesse dalla ispirazione e dall’assistenza dello Spirito del Signore Gesù operante nei suoi. Il fatto nuovo è che Filippo, uno dei sette prescelti per il servizio delle mense, non si limita a questo ma si fa carico anche lui del servizio della Parola, a cui si sarebbero dedicati gli Apostoli non però in maniera esclusiva. Per sua iniziativa, per la prima volta Cristo viene predicato fuori di Gerusalemme, in terra di infedeli o eretici quale la Samaria, da dove la donna samaritana e il buon samaritano della parabola. “Predicare il Cristo” voleva dire investire tutta la potenza salvifica del suo Nome, da cui la liberazione da spiriti impuri e da cui anche “la grande gioia in quella città”. A che scopo confrontarsi con questi fatti, se poi la nostra routine la vince su tutto?

 

Il fatto che la Samaria avesse accolto la Parola di Dio sollecita anche gli apostoli ad uscire dai confini di Gerusalemme e a condividere questo evento di grazia, sia per autenticarlo e sia soprattutto per incrementarlo: Pietro e Giovanni infatti invocano lo Spirito Santo su quanti erano stati investiti dal nome del Signore Gesù, per trasmetterlo poi con l’imposizione delle mani. Era necessaria una partecipazione totale alla comunione di salvezza. Ne nasce questo quadro, che troviamo descritto dopo questa prima fase di formazione della chiesa sotto la spinta degli eventi: “La Chiesa era dunque in pace per tutta la Giudea, la Galilea e la Samaria; essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo”.

 

Si verifica o si ripete quanto aveva detto e operato Gesù nei confronti degli apostoli e dei discepoli: se lo amiamo osservando quanto ci ha comandato, egli stesso si incarica di ottenerci dal Padre “un altro Paraclito”, perché “la nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (1Gv 1,3), appunto mediante lo Spirito. Non è altro che la pienezza della comunione che ci è offerta, il nuovo modo di essere presente tra noi di Gesù, non più circoscritto alle sue dimensioni corporee ma in tutta la potenza e l’estensione del suo Spirito. È “lo Spirito di verità” che ci certifica e porta a compimento quanto Gesù stesso ha fatto e ha detto: ciò che ci fa essere nel mondo ma non del mondo, perché il mondo “non lo vede e non lo conosce”. Ci fa essere di un altro spirito!

 

Questo ci consentirà, a differenza del mondo, di vedere ancora lui, per il semplice fatto che se lui vive anche noi vivremo in comunione di vita: se lui è nel Padre, ci dice ancora, noi però siamo in lui e lui in noi! Purtroppo tutto questo - che è la sostanza del credere - rimane sullo sfondo sbiadito nella coscienza dei credenti, mentre in rilievo e in primo piano ci sono forme e prassi di vita cristiana certamente più accessibili e accettabili ma anche più vuote e sterili. Ma questo non sembra fare problema per una chiesa che si rispecchia su se stessa e che è  insediata nel mondo come sua collocazione naturale.

 

Ed allora ascoltiamo attentamente come stanno e come vanno le cose, per capire anche quale decisa virata ci sarebbe da fare per riportare in equilibrio le cose. Ci viene detto dal Signore Gesù che chi crede in lui e lo ama ascolta e osserva la sua parola, prima che lasciarsi andare a pratiche religiose, a sentimenti di devozione o ad entusiasmi di altro genere, vedi apparizioni o incoronazioni in cui la chiesa è l’ultima ruota del carro; e chi ama lui in spirito e verità sarà amato dal Padre e può essere sicuro del suo stesso amore e della sua manifestazione. Qualcosa che dovrebbe essere pane quotidiano per una chiesa di credenti e non solo di subalterni praticanti: ma quanto ci sta veramente a cuore che questa rivoluzione copernicana avvenga non solo nei nostri discorsi ma nella impostazione della nostra vita ecclesiale, dove i grandi proclami di cambiamento sono riassorbiti, integrati e vanificati nell’esistente?  Non c’è più da dare tempo al tempo, e non è più possibile che il vangelo arrivi con la tara delle precomprensioni, delle situazioni di fatto che diventano regola della fede!

 

Quando Pietro ci invita ad adorare il Signore, Cristo, nei nostri cuori, forse non dobbiamo più intendere questa adorazione nelle modalità convenzionali fine a se stesse a cui siamo debitori, ma è necessario far rinascere nel nostro cuore una capacità di adorazione tale che sappia rendere ragione di se stessa a chiunque, come portatori di una speranza di salvezza che è per tutti, qualcosa che avviene solo nella viva coscienza della posta in gioco e non per forza d’inerzia. Il mistero dell’intima unione con Dio definisce la chiesa stessa e non si deve far credere che sia prerogativa e riserva per gli “spirituali”.

 

Ecco perché sempre Pietro ci suggerisce come rapportarsi ad eventuali interlocutori e come reagire davanti a chi trova motivo di parlare male di noi. Quello che conta è dare giusto rilievo a quella che è la volontà di Dio, alla maniera in cui se ne è fatto interprete Cristo per ricondurci al Padre: “Messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito”. Viene da chiedersi se, davanti a simili obiettivi, noi non ci comportiamo come la volpe con l’uva! (ABS)


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