23 febbraio 2020 - VII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO A)

 

Carl Heinrich Bloch: Il Discorso della montagna (1877)

 

PRIMA LETTURA (Levitico 19,1-2.17-18)

Il Signore parlò a Mosè e disse:

«Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo.

Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai di un peccato per lui.

Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”».

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 102)

Rit. Il Signore è buono e grande nell’amore.

 

Benedici il Signore, anima mia,
quanto è in me benedica il suo santo nome.
Benedici il Signore, anima mia,
non dimenticare tutti i suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe,
guarisce tutte le tue infermità,
salva dalla fossa la tua vita,
ti circonda di bontà e misericordia.

Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.

Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono.

 

 

SECONDA LETTURA (1Corinzi 3,16-23)

Fratelli, non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi? Se uno distrugge il tempio di Dio, Dio distruggerà lui. Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi.
Nessuno si illuda. Se qualcuno tra voi si crede un sapiente in questo mondo, si faccia stolto per diventare sapiente, perché la sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. Sta scritto infatti: «Egli fa cadere i sapienti per mezzo della loro astuzia». E ancora: «Il Signore sa che i progetti dei sapienti sono vani».

Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio.


VANGELO (Matteo 5,38-48)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».


In altre parole…

 

L’immagine di Carl Heinrich Bloch ci ricorda che siamo in ascolto del “Discorso della montagna”: non una esposizione teorica, né proclamazione di un codice morale, e nemmeno un prontuario di spiritualità avulsa, ma comunicazione rivelativa ed esperienza viva del Regno di Dio, a cui “convertirsi” come nuovo modo di “praticare la giustizia, amare la pietà, camminare umilmente con il tuo Dio” (Mi 6,8). Questo vuol dire che l’ascolto della Parola di Dio ha una sua propria ragion d’essere, a prescindere da precomprensioni e applicazioni accessorie. Essa ci qualifica e ci motiva di suo come credenti, alla sequela del Cristo Signore.

 

È l’ossatura della vita cristiana, troppo sbilanciata sulla dimensione cultuale, che invece è derivata. Non possiamo dimenticare che la stessa Eucarestia è quella “memoria viva” del Signore, a cui prima di tutto si riferiscono le Scritture. Tanto che potrebbe essere rivolto anche a noi il rimprovero fatto ai discepoli di Emmaus: “Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti!” (Lc 24,25). D’altra parte, a farci diventare davvero discepoli è “rimanere fedeli alla parola” che Gesù ci comunica (Gv 8,31), mentre tutto il resto vale al suo interno, compresa la stessa Eucarestia, che ne è il coronamento. La Parola di Dio, si potrebbe dire, non è un suffisso, ma è un coefficiente!

 

Questa premessa per dire che il nostro vuole essere un ascolto coinvolgente e partecipato in presa diretta, e se anche da parte mia avanzo e anticipo qualche considerazione, è semplicemente perché ciascuno accolga il seme della Parola nel proprio cuore e porti frutto con perseveranza: per usare un modo di dire, essa deve diventare farina del proprio sacco, senza che ci aspettiamo pane sfornato sempre dall’alto.

 

Quando il Maestro continua a dirci “avete inteso che fu detto… ma io vi dico”, abbiamo capito che non sempre è un “ma” avversativo, quanto piuttosto di ulteriore proposta, che prevede non solo l’adempimento alla lettera della legge, ma il compimento di essa nello spirito: vale a dire non come un fare esteriore ma come un agire interiore! Un agire che nasce dal cuore e che ci rende solidali al Cristo, per portarci ad essere “perfetti come è perfetto il Padre celeste”: buoni, generosi, altruisti, indulgenti, misericordiosi, così come Gesù stesso ce lo ha testimoniato e mostrato.

 

Ed eccoci alla “legge del taglione” sempre vigente nonostante tanto umanesimo, diffusa filantropia e numerose carte e dichiarazioni dei Diritti umani, che evidenziano l’ingiustizia senza peraltro ovviarvi. Dopo aver esaminato sotto vari aspetti le relazioni umane da risanare, qui si prende in considerazione la violenza che le inquina, magari in nome della giustizia. Il suggerimento di Gesù è di non opporsi al malvagio con la sua stessa logica, perché in tal caso potrebbe prevalere l’uno sull’altro, ma ad essere compromessa del tutto sarebbe proprio la giustizia, e cioè la salvezza.  Egli ci vuole insegnare come neutralizzare il peccato salvando il peccatore.

 

E allora porgere l’altra guancia, lasciarsi spogliare del tutto oltre che del mantello, accompagnare oltre ogni limite chi ti costringe a fare strada insieme, vuol essere solo il modo per guardare alle persone e provocarle a ritrovare se stesse sotto la maschera della loro innegabile malvagità. L’atteggiamento di fondo è la disponibilità a dare se uno chiede e non voltare le spalle a chi desidera un prestito: come dire che in qualche modo anche la violenza va sradicata e prevenuta con la propria giusta generosità.

 

Ma è chiaro che il nodo principale da sciogliere è la contraddizione interna a quanto abbiamo inteso che fu detto - e cioè: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Se Gesù dice invece: “Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano” non fa che ricordarci che anche il nemico, prima che essere tale, è prossimo anche lui. Tant’è che amare solo quanti ci amano e salutare soltanto fratelli e amici equivale a restringere arbitrariamente il comandamento alla propria misura, a chi è vicino per ragioni accessorie familiari, sociali, culturali o religiose, e cioè senza alcun riferimento al primo dei comandamenti dell’amore di Dio, che ne è la radice.

 

Non è secondario che ci venga detto anche di pregare per quelli che ci perseguitano: siamo rimandati alla beatitudine dei perseguitati per la giustizia, che forse richiederebbe maggiore attenzione e comprensione. Sta di fatto che tutte queste situazioni e relazioni avvengono e vanno vissute all’interno della nostra conversione e partecipazione al Regno di Dio. In effetti, l’amore del prossimo in senso pieno – e quindi anche dei nemici – non è che l’altra faccia dell’amore di Dio, per cui il secondo comandamento è simile al primo, e quanto accade in senso orizzontale nelle  relazioni umane è in corrispondenza a quanto si verifica in senso verticale della nostra unione con Dio, come figli del Padre che fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti.  Una correlazione è inevitabile, tanto che chi ama conosce veramente Dio.

 

Quando perciò ci viene detto “siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” non è un imperativo morale o una esortazione spirituale, ma è il senso stesso di ogni esistenza umana e cristiana: la vocazione universale alla santità! Il cristiano per natura non è uomo religioso o spirituale, ma è “santo”, così come venivano denominati i primi discepoli. E forse non sarebbe male tornare a questa concezione originaria, per ritrovare la giusta fisionomia e il modo di essere del Popolo di Dio nel mondo, al di là di apparati cultuali e prestazioni umanitarie che ne dovrebbero conseguire.

 

Rimane più che mai valida e attuale la consegna di Mosé agli Israeliti da parte del Signore: “Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo”. Che vuol dire non covare odio nel cuore, prendersi cura del prossimo, non vendicarsi e non serbare rancore, ma amare il prossimo come se stessi. Il Discorso della montagna non fa che ribadire tutto questo, con le novità che Gesù ha apportato con la sua autorità rispetto alla legge e ai profeti: “Ma io vi dico”! Conta quello che dice, ma conta soprattutto che sia lui a dirlo!

 

La lettera di Paolo ai Corinzi non fa che confermare questa condizione originaria di santità, quando richiama tutti ad esserne consapevoli: “Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?”. Con questa esplicita precisazione: “Perché santo è il tempio di Dio, che siete voi”. Di qui derivano responsabilità e impegno ad esserne all’altezza, magari facendosi stolto davanti al mondo per diventare sapiente davanti a Dio. Di qui anche la regola d’oro della condizione e della dignità del cristiano tra gli uomini: “Quindi nessuno ponga il suo vanto negli uomini, perché tutto è vostro: Paolo, Apollo, Cefa, il mondo, la vita, la morte, il presente, il futuro: tutto è vostro! Ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”.

 

Non sarebbe male se tornassimo ad improntare il nostro modo di sentire, di pensare e di essere a questa visione “da stolti” della vita cristiana. Forse cambierebbe anche la prassi pastorale! (ABS)


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