Koinonia Novembre-Dicembre 2021


Pallanza: finisce un’esperienza sinodale durata 50 anni

 

“I LAICI BATTEZZATI NELLA CHIESA NON CONTANO NULLA”

 

Per capire ciò che sta avvenendo nella comunità della quale faccio parte e alla quale ho cercato di offrire il mio contributo bisognerebbe conoscere un poco il nostro cammino, un cammino iniziato da don Giacomini negli anni del Concilio e poi accompagnato e stimolato soprattutto da don Giuseppe Masseroni, che aveva lavorato insieme a don Giacomini, e che ha presieduto a lungo le celebrazioni dell’eucaristia a S. Stefano e che è morto nell’aprile del 2019.

Il cammino della nostra comunità si è caratterizzato per la centralità data all’ascolto e alla lettura della bibbia (da oltre 20 anni animo un incontro settimanale sulle letture scritturistiche della domenica), per l’importanza data alla celebrazione dell’eucaristia domenicale che progressivamente è diventata sempre più una celebrazione dell’intera comunità, con particolare attenzione al rinnovamento del linguaggio delle preghiere anche di quelle eucologiche (colletta, offertorio, prefazio, dopo la comunione... don Giacomini aveva lavorato molto su questo terreno durante gli anni ‘70, lavoro ripreso da don Giuseppe e proseguito poi da me), con il prender la parola da parte dei laici (ogni domenica una persona dell’assemblea offriva un proprio contributo a commento della parola di Dio), con il sentirsi davvero accolti e con la pratica dell’ospitalità caratterizzata dalla presenza di diversi migranti.

Sono state liturgie ricchissime di umanità, profondamente legate alla vita (da 13 anni predispongo un’edizione cartacea settimanale della rassegna stampa che viene messa a disposizione dei presenti). Davvero nella nostra esperienza la liturgia era uscita dal cono d’ombra ed era vissuta dai presenti come momento significativo per tutti, come una celebrazione della buona notizia del vangelo (in due editoriali apparsi sul sito dei Viandanti ho cercato di illustrare il senso del nostro cammino). Gran parte delle persone della nostra piccola comunità sono poi molto impegnate in associazioni che si prendono cura delle persone in difficoltà, dai carcerati, ai profughi, ai malati psichici, al trasporto di persone disabili, al favorire un commercio equo e solidale ecc.

Come sappiamo il culto dei cristiani è la lavanda dei piedi, senza la quale, come dice Paolo, la celebrazione della cena del Signore diventa la nostra condanna.

Oltre a questo, la nostra comunità (grazie ai preziosi stimoli di don Giacomini) si è sempre caratterizzata per l’importanza data al momento della riflessione per ripensare il senso del credere oggi, a partire dagli «incontri dei Finesettimana», come appare dal nostro sito (www.finesettimana.org)

I nostri guai sono iniziati alla morte di don Giuseppe, perché il parroco di allora si rifiutò di obbedire al vescovo di Novara (Brambilla) che gli aveva chiesto di non leggere il testamento  spirituale di don Giuseppe ai suoi funerali (in quel testamento, che venne letto durante i funerali, tra altre cose, si chiedeva ai preti di non stare bardati attorno all’altare, ma di stare tra la gente, invitando anche il vescovo a fare altrettanto qualora fosse stato presente). Il vescovo rimproverò il parroco di non essere capace di fare il suo mestiere, incapace di imporre la sua volontà. Di qui l’azione di ritorsione (secondo la mia interpretazione dei fatti), ritardata dall’esplosione dell’epidemia. E da due mesi, con la nomina di un nuovo parroco qui catapultato senza alcun coinvolgimento della comunità, viviamo una nuova situazione, da incubo.

In questi ultimi due mesi tutti i preti che in qualche misura hanno accompagnato il cammino della nostra comunità sono stati allontanati o destituiti dalla loro funzione di parroco. Il nuovo parroco, prima ancora di insediarsi e prima di conoscerci, ci ha fatto pervenire una lettera del vescovo nella quale si proibisce l’uso di preghiere eucologiche diverse da quelle ufficiali. Ha telefonato a don Piergiorgio Menotti (un prete novantenne) per dirgli che era esonerato dal presiedere l’eucaristia nella nostra parrocchia (come se ci fossero oggi così tanti preti in circolazione).

Durante un incontro avuto con il nuovo parroco, a lungo richiesto, 20 persone della nostra piccola comunità hanno raccontato quanto importante fosse stato per loro l’essere sollecitati a prendere tra le mani il vangelo, a rifletterci e a offrire a tutti durante la celebrazione dell’eucaristia un proprio pensiero. Per me è stata davvero un’esperienza emozionante. Il parroco al termine ha comunicato che la bella esperienza fatta non può più continuare, perché gli unici titolati a prendere la parola sono i preti. L’unico spazio riservato ai laici è la preghiera dei fedeli... I laici battezzati nella chiesa non contano nulla e a loro si può togliere senza problemi la parola.

Il risultato è che da un mese le celebrazioni dell’eucaristia sono sempre più aride e deserte. Per il cammino della nostra comunità sembra che non ci sia più spazio nella parrocchia.

Sento vivamente la responsabilità di non dissipare il molto che abbiamo ricevuto, e sono infinitamente grato per l’esperienza bellissima che mi è toccato in sorte di poter vivere qui per 50 anni.
Sono molto pessimista, ma essere pessimisti non vuol dire rassegnarsi o non avere speranza. Mi è difficile però capire che fare ora in questa situazione.

 

Giancarlo Martini

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