Koinonia Ottobre 2021


TESTIMONIANZA DI DOM TOMÀS BALDUINO*

 

Prima di mettere in ordine queste mie parole, ho voluto parlare con alcuni miei colleghi, in modo che quello che dirò sia un tentativo di esprimere non solo quello che io penso su Lupi, ma anche quello che noi pensiamo collettivamente nella Diocesi di Goiàs. Sarà forse il modo migliore per rendergli omaggio, allo stesso modo che lui ha vissuto tra noi, in maniera collegiale, facendo comunità con noi in questo Cammino. A proposito di Cammino, questo è il termine da noi usato per definire la vita nella nostra Diocesi di Goiàs. Credo che Lupi abbia portato con sé l’allegria per essere deceduto qui in Brasile, in pieno Cammino, con noi. La morte non l’ha colto quando era già andato in pensione, ma mentre viveva con noi, lottando, cercando di aprire i cammini, realizzando una delle sue mete. Così ci ha lasciato. Questo mi impressiona molto: è morto nel modo in cui era vissuto, nell’amore per la realtà vissuta dal popolo, interpretando questa realtà alla luce della Parola di Dio.

Tanto che la stessa veglia nella piccola cappella delle Domenicane fu la riunione di un Gruppo di Vangelo. Interessante ricordare quello che alcuni contadini dissero di Lupi, quegli stessi con i quali si riuniva molte volte, soprattutto di notte, nelle loro capanne con la luce delle lampade a petrolio, in maniera molto scomoda, in quelle abitazioni miserabili. Allo stesso modo si fece intorno alla sua salma, e l’argomento era lui. Un lavoratore disse che lui era un uomo che capiva la gente semplice e che da questa era capito.

Lupi fu un tipo di Vangelo vivo e insegnò non per quello che disse, ma per quello che fu e che visse. Riflettendo sulla sua vocazione, mi rendo conto che si collocò pienamente nella gestazione del Concilio Vaticano II. Considero Lupi un padre del Concilio, come Congar, Chenu e tanti altri che ne aiutarono appunto la gestazione. Come Cardin, come tutti quelli che aprirono prospettive alla Chiesa ed aiutarono a concretizzare e chiarire le proposte che apparvero più tardi nel Concilio. Così fece Lupi, non scrivendo articoli o pubblicando libri famosi, ma convivendo con gruppi di riflessione, unendo persone con persone, gruppi con gruppi, articolando gli uni con gli altri, permettendo la nascita del nuovo dentro la Chiesa, e creando tutto un clima di rinnovamento favorevole al dono dello Spirito di Dio, che non irrompe sulla terra in forma improvvisa, ma viene come la forza che aiuta la pianta che già esisteva, alimentandone la crescita e la maturazione. Lo Spirito di Dio incontrò molte cose in gestazione, tra queste il lavoro di Lupi.

In Italia ebbi una maggior coscienza di questo quando conobbi, attraverso lo stesso Lupi, alcuni suoi colleghi di lotta sparsi per l’Italia, anteriori al Concilio, grazie ai quali molte cose nella Chiesa furono messe in movimento. Menziono specialmente due di loro che ci hanno già lasciato: Balducci e Turoldo. Imparai molto da questi “profeti” che mi aiutarono a considerare il Vaticano II nell’ottica europea. Questo completò la mia visione del Concilio che fino ad allora era stata solo latino-americana. Fu un apprendistato breve e occasionale, soprattutto perché Balducci se ne andò quasi subito, ma io ho continuato ad approfondire le loro idee attraverso gli scritti ammirevoli di entrambi. Questi gruppi e persone si collegavano ad altri movimenti dell’Europa e di altri continenti.

Caratterizzando bene la vocazione di questo nostro compagno, lo cito come uno dei preparatori di tutto quello che ammirammo nella realizzazione del Concilio Vaticano II .

Questo momento di feconda effervescenza spiega il cambiamento che si operò nella vita di Lupi, ma in verità non si tratta di un cambiamento, ma di coerenza, quando fece la scelta dell’America Latina e specialmente del Brasile. Molti dopo il Concilio si chiusero di fronte al rinnovamento, retrocedendo; credo che Lupi avesse inteso molto bene che il processo di questo rinnovamento dipendeva dalle opportunità che venivano date ai vari Paesi e alle Chiese del Terzo Mondo. Era grande la missione affidata a queste Chiese: operare una rottura per condurre il Concilio alle sue ultime conseguenze. Forse perché in una Chiesa europea, molto ben stabilizzata e strutturata, la “profezia” non trovava le condizioni per camminare.

Per essere coerente con il filone biblico e con la Storia Salvifica che si compone partendo dal popolo di Dio, dai poveri di Jahveh, Lupi fu di grande lucidità: intese che in questa parte del mondo si sarebbero prodotti i primi frutti del rinnovamento. Una profezia che colloca il popolo, soprattutto i più poveri, a protagonista di questa Storia della Salvezza e del ministero dell’evangelizzazione. Sono i poveri gli evangelizzatori del mondo. E affinché arrivino a questo c’è bisogno certamente dell’aiuto degli apostoli.

Lupi fu per me uno di questi apostoli, un servo degli annunciatori della Parola, di contadini come questi, con i quali ha convissuto a Itaguarù e in altre parti di questo Goiàs e di questo Brasile, e che, secondo me, come i nostri Indios, hanno il compito di annunciare e denunciare, sono quelli che concretizzano la vocazione dell’essere il Sacramento di Cristo.

Lupi si sentiva realizzato in mezzo a noi, soprattutto tra i contadini. Un uomo che fece una scelta, sfuggendo alle comodità, forse alla gloria dell’aver dato una formazione a tanti gruppi, al conforto dell’essere circondato da persone che potevano dialogare con lui alla pari e fare programmi interessanti. Lui invece si mise in mezzo agli emarginati del nostro popolo, nella qualità di sacerdote, di padre, di animatore di gruppi, per attivare la speranza, uomo che veniva a rafforzare la solidarietà già esistente fra la nostra gente, e l’aiuto reciproco nello spirito della fraternità, nella comunione piena, totale, al di là delle parentele e degli interessi. È caduto da combattente in mezzo al popolo, vera espressione del popolo di Dio, degli eletti di Cristo. Popolo che ha una missione universale. Per questo la venuta di Lupi in Brasile non significò una fuga dal suo paese, dove vedeva - e ce lo diceva sempre - una chiesa terribilmente strutturata, violentata dalla mancanza di libertà, la libertà dei Figli di Dio, la libertà dello Spirito, ma sapeva che il suo messaggio, attraverso il messaggio di questo piccolo popolo, di queste comunità, dei piccoli gruppi “insignificanti” di Itaguarù, aveva un significato profondo. Non vedevamo in lui un convertito, ma qualcuno che aveva fatto propri atteggiamenti di apertura, di affabilità e di comunicabilità, perché, senza dubbio, fin dalla nascita fu plasmato per essere l’uomo adatto al ruolo che realizzò.

Aveva come virtù caratterizzante l’amicizia. Non si trattava solo di empatia, di irradiazione personale; Lupi fin dal primo contatto era l’Amico, non solo di chi aveva il suo stesso livello di sapere e cultura, ma un amico di tutti, specialmente dei più umili, dei quali ricordava i nomi e le storie; diventava subito qualcuno che ispirava fiducia, faceva diventare spontaneo il dialogo con una dose incredibile di tenerezza. Era un uomo in permanente stato di oblazione all’altro, un uomo in cui si poteva contare ed avere fiducia. Accoglieva le persone e i loro problemi in un modo tale che era normale chiedergli un consiglio e un’opinione. Non gli mancavano il buon senso, né la formazione, sapeva collegare i problemi ed aiutare tutti. Le sue qualità si levavano al livello dell’universalità; egli conosceva bene l’universo degli esseri umani e gli esseri umani dell’universo, grazie ai Paesi che conobbe, ai tempi che visse e alle categorie sociali che frequentò. In lui tutto questo divenne strumento, non fu un uomo che rinnegò il suo passato, che buttò via tutte le esperienze accumulate, al contrario, si servì di tutto questo per essere amico dell’amico. Amico di Pedro, di Onofre, della sora Maria e della sora Checca. Gli fu di molto aiuto la sua marca di Domenicano. Era un uomo istruito, di vasta cultura, transitava con facilità nelle sfere della filosofia e della teologia, era grande la sua conoscenza della storia e questo gli facilitava una visione critica non intellettualista; relativizzava i concetti, rendendo flessibili i principi. Non era dogmatico, era un’intelligenza aperta, e questo in lui era notevole.

Con quel suo modo semplice rivelava uno spirito di accoglienza, lucido, sveglio, prendendo sul serio quello che gli veniva detto. Tutti noi riconoscemmo in lui un uomo intellettualmente sincero, onestissimo.

Per me Lupi fu un grande religioso. Poco fa ho parlato di lui come domenicano, come uomo di cultura. Mi piace parlare bene dei domenicani, lui era un uomo consacrato. Anche vedendolo vivere tra noi alla nostra maniera, con abiti borghesi, nella mia mente lo vedevo come un domenicano vestito di bianco, e quando divenne ancor più nostro, membro della nostra comunità, per me la sua consacrazione fu ancora più chiara, la testimonianza viscerale che dava alla sua vita con un profondo tratto di autenticità, la consacrazione a Dio che dà vita e libertà, che dà giustizia. Aveva una vita contraddistinta dalla libertà e per questo si consacrò a questa nostra lotta identificandosi completamente nel popolo oppresso, nei contadini tra i quali si stabilì come parroco. Tutte queste qualità personali permisero che Lupi realizzasse la sua vocazione di uomo vivendo tra noi, come una Chiesa che optò in modo prioritario per l’evangelizzazione e per gli oppressi. Questa Chiesa stava nel suo cammino, ed ebbe bisogno di una lunga preparazione per essere raggiunta. Lupi era uno dei nostri migliori consiglieri, era una specie di punto di riferimento e di sicurezza per noi, perché poteva anche essere visto come un’avventura l’essere Chiesa degli oppressi e dei poveri, in forma marcata, decisiva, in un tempo di repressione, di tradimenti, in un tempo di falsi fratelli.

Tutti gli siamo debitori, in questo suo breve passaggio tra noi, per l’appoggio e la certezza che ci ha dato. Era tra noi uno di quelli che vedeva più in alto e più lontano nell’orizzonte. E la sua altezza, credo, era dovuta al suo passato, alle sue lotte, a tutto quello che antecedette il Vaticano II e di cui lui, pur senza la chiarezza dei documenti che furono redatti dopo, faceva già uso, con serenità, nella sua vita. Lupi visse questa serenità in piena tempesta.

Infine, Lupi fu un uomo che amò profondamente la vita, non nel senso biologico, ma nel senso di tutto quello che la vita gli proponeva come compimento di una vocazione, come cammino che gli stimolava l’intelligena e il cuore verso l’impegno.

Vidi Lupi, nei suoi ultimi giorni qui, col magone perché vedeva che la vita se ne andava, perché avrebbe voluto vivere di piu. La sua sete di vita era fortissima e la vita era per lui essere Chiesa.

Oltre ad aver seguito un giro di incontri in Brasile e ad aver partecipato all’Incontro Inter-Ecclesiale nella città di Vittoria, Lupi voleva partecipare a vari incontri di valutazione e analisi sul nostro Cammino qui in Goiàs. Aveva progetti per conoscere meglio la chiesa latino-americana passando per quei paesi dove sapeva che esistevano tensioni. Tutto ciò gli dava la visione del futuro stimolante di questo Continente. Voleva partecipare a tutto come uno che si trova in piena lotta nell’arena. Fu profondamente nostro, del Brasile,  profondamente ecclesiale, nel senso universale, impegnato in questa lotta che noi stiamo continuando.

Lupi mi ha lasciato un’eredità inestimabile, della quale posso fruire ancora oggi. Si tratta dei suoi Amici e Amiche con i quali, discretamente, mi mise in contatto. Non posso dimenticare in questa eredità la cara famiglia Pestalozza, Giulio, Giovanna e i loro figli e parenti. Era nella loro casa che Lupi veniva molte volte ospitato, ed è là che sono sempre stato ospitato nelle frequenti visite in Italia. Con loro rivivo quello stesso spirito del Lupi, alimentato anche da una loro coraggiosa visita in Brasile, per conoscere da vicino e concretamente la vita in un accampamento di “Sem-Terra”, per solidarizzare con la lotta di costoro in cerca della Terra promessa.

Penso sempre che ho ammirato molto Lupi, avevamo molte affinità, senza con questo approfondire i problemi nostri personali, affinità che si rivelavano in un sorriso, in una mezza parola, che però lasciava trasparire la comunione piena, totale.

Non so se ho detto tutto su Lupi, sicuramente no. Quello che ho detto, lo ripeto, sono appena riflessioni mie personali, ho espresso appena il sentimento dei miei compagni della Diocesi.

 

Agosto 2006

* Vescovo emerito di Goiania, Brasile

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