6 marzo 2022 -  I DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO C)

 

Duccio di Buoninsegna: La tentazione di Cristo sul monte (1308-11)

New York, Frik Collection

 

PRIMA LETTURA (Deuteronomio 26,4-10)

Mosè parlò al popolo e disse:

«Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti all’altare del Signore,tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio: “Mio padre era un Aramèo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con pocagente e vi diventò una nazione grande, forte e numerosa. Gli Egiziani ci maltrattarono, ci umiliarono e ci imposero una dura schiavitù. Allora gridammoal Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostra voce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione; il Signore cifece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e operando segni e prodigi. Ci condusse in questo luogo e ci diede questaterra, dove scorrono latte e miele. Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”. Le deporrai davanti al Signore,tuo Dio, e ti prostrerai davanti al Signore, tuo Dio».



SALMO RESPONSORIALE (Salmo 90)


Rit. Resta con noi, Signore, nell’ora della prova.

 

Chi abita al riparo dell’Altissimo
passerà la notte all’ombra dell’Onnipotente.
Io dico al Signore: «Mio rifugio e mia fortezza,
mio Dio in cui confido».

Non ti potrà colpire la sventura,
nessun colpo cadrà sulla tua tenda.
Egli per te darà ordine ai suoi angeli
di custodirti in tutte le tue vie.

Sulle mani essi ti porteranno,
perché il tuo piede non inciampi nella pietra.
Calpesterai leoni e vipere,
schiaccerai leoncelli e draghi.

«Lo libererò, perché a me si è legato,
lo porrò al sicuro, perché ha conosciuto il mio nome.
Mi invocherà e io gli darò risposta;
nell’angoscia io sarò con lui,
lo libererò e lo renderò glorioso».

 

 

SECONDA LETTURA (Romani 10,8-13)


Fratelli, che cosa dice [Mosè]? «Vicino a te è la Parola, sulla tua bocca e neltuo cuore», cioè la parola della fede che noi predichiamo. Perché se con la tua bocca proclamerai: «Gesù è il Signore!», e con il tuo cuore crederai che Dio loha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere lasalvezza.
Dice infatti la Scrittura: «Chiunque crede in lui non sarà deluso». Poiché nonc’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli che lo invocano. Infatti: «Chiunque invocherà il nomedel Signore sarà salvato».

 

 

VANGELO (Luca 4,1-13)

 

In quel tempo, Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano ed era guidato dallo Spiritonel deserto, per quaranta giorni, tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni, ma quando furono terminati, ebbe fame. Allora il diavolo gli disse: «Setu sei Figlio di Dio, di’ a questa pietra che diventi pane». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo”».

Il diavolo lo condusse in alto, gli mostrò in un istante tutti i regni della terra e glidisse: «Ti darò tutto questo potere e la loro gloria, perché a me è stata data e io la do a chi voglio. Perciò, se ti prostrerai in adorazione dinanzi a me,tutto sarà tuo». Gesù gli rispose: «Sta scritto: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”».

Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu seiFiglio di Dio, gèttati giù di qui; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo affinché essi ti custodiscano”; e anche: “Essi tiporteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «È stato detto: “Non metterai alla prova il Signore Diotuo”».
Dopo aver esaurito ogni tentazione, il diavolo si allontanò da lui fino almomento fissato.


In altre parole…

 

“Mosè parlò al popolo e disse: «Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporràdavanti all’altare del Signore, tuo Dio, e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore, tuo Dio»”: è quanto liturgicamente noi denominiamo “offertorio”, eviene subito da pensare a varie coreografie processionali per la presentazione delle offerte, quando però tutto finisce con la consegna nelle mani delcelebrante, perché da allora in poi sarà lui il protagonista, e l’assemblea torna ad essere “assistente” e passiva.

 

È un piccolo dettaglio, che però apre il problema della effettiva partecipazione di fedealla eucarestia, reale e non solo virtuale o rituale. Diciamoci francamente che è dal Concilio in poi che le parole “comunione, partecipazione, missione” sonoentrate nell’ecclesialese, e se ora vengono riproposte come obiettivo del Sinodo, è prima di tutto sul piano del coinvolgimento consapevole e attivo cheva fatta una verifica e vanno promossi un cambiamento e una maturazione. Inutile nascondersi che novità ci sono state, ma più che altro a carattere esterioree nelle cose, meno nei soggetti e nelle comunità. Ma non è proprio qui che deve avvenire una “conversione pastorale”, prima che nelle rubriche?

 

Il brano del libro del Deuteronomio, al di là del gesto sacerdotale di prendere la cesta e deporlasull’altare, ci riporta alla necessità di un reale rapporto di fede del popolo e suggerisce le parole da pronunciare davanti al nostro Dio: parole che sono unfare memoria e portano a consapevolezza, al motivo profondo per deporre le primizie dei frutti del suolo e prostrarsi davanti al Signore. E questo perchéè stato il Signore a donare la terra della promessa, dopo la chiamata del padre Abramo arameo errante e dopo che la sua potente mano è venuta in soccorso perliberare il suo Popolo dalla umiliazione e dalla schiavitù dell’Egitto. È la propria storia che crea identità e porta al rendimento di grazie!

 

Sarebbe per la verità ben poca cosa per noi se l’ascolto di queste parole si limitasse ad unalontana reminiscenza di cose avvenute per altri in altri tempi, e magari ricamarci sopra spiritualisticamente. Se fede deve essere – non a caso siricorda il Padre dei credenti Abramo – possiamo e dobbiamo fare nostre queste parole di confessione, che ci fanno entrare nel vivo dell’opera di Dio a nostrofavore. Dovremmo anche noi poter dire sempre, ma più che mai ora: “Allora gridammo al Signore, al Dio dei nostri padri, e il Signore ascoltò la nostravoce, vide la nostra umiliazione, la nostra miseria e la nostra oppressione”… E celebrare la nostra liberazione nella liberazione di Cristo dalla morte. Perchéquesta è la realtà che ci costituisce nuovo Popolo di Dio.

Non cambia la fede, ma il Dio di Abramo – che “esultò nella speranza di vedere ilmio giorno; lo vide e se ne rallegrò” (Gv 8,56) - è ormai per noi il Padre di nostro Signore Gesù Cristo, di cui nell’offerta del pane e del vino facciamomemoria nel “mistero della fede”. Dopo il battesimo nel Giordano, - quando “scese su di lui lo Spirito Santo in apparenza corporea” (Lc 3,22) -  la suaconsacrazione messianica lo introduce nel cammino e nell’opera di liberazione, così come la proclamerà nella sinagoga di Nazaret e la perseguirà fino allafine come Figlio dell’uomo.

Ecco perché lo troviamo guidato dallo Spirito nel deserto, dove i quaranta giornitrascorsi riportano ai 40 anni dell’esodo di Israele e dove è “tentato dal “diavolo”, a significare la prova, la lotta, la tentazione che la ricerca diDio nel deserto della vita necessariamente comporta. E questo al di là delle facili interpretazioni mitologiche e psicologiche che siamo soliti dare deldiavolo e delle tentazioni. Sta di fatto che tutta l’opera messianica di Gesù è racchiusa tra i quaranta giorni nel deserto e il momento fissato sul Calvario. Sevogliamo, è l’itinerario quaresimale e pasquale che intraprendiamo.

In realtà si tratta di vincere le tenebre del mondo, mammona d’iniquità, ilprincipe di questo mondo, il padre della menzogna. Non è questione di fantasie o di immaginazione, ma di una vittoria da riportare: “La nostra battagliainfatti non è contro creature fatte di sangue e di carne, ma contro i Principati e le Potestà, contro i dominatori di questo mondo di tenebra, controgli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6,12). Se vogliamo parlare di questo è un conto, se poi vogliamo parlare di quaresima come insiemedi pratiche penitenziali è tutt’altra cosa!

Come per il popolo dell’esodo nel deserto c’era in gioco la fedeltà alla promessadella terra, così Gesù nel deserto doveva giocarsi la sua investitura messianica e fare la sua scelta radicale: se essere il messia trionfatoresecondo i propri disegni o farsi servo di ogni parola che esce dalla bocca di Dio; se assicurarsi conquista, possesso e dominio di tutti regni della terra,divenendo però egli stesso schiavo del proprio potere o di satana, o se adorare Dio solo e non altro; se strumentalizzare Dio stesso per il proprio successo, ose accettare di essere  messo alla prova piuttosto che tentare Dio!

È la via stretta che Gesù imbocca per primo come Figlio dell’umo, con una coscienzamessianica che lo accompagnerà tutti i giorni e che di tanto in tanto egli lascia trasparire per preparare almeno i discepoli a seguirlo. In ogni casoegli – Verbo fatto carne – diventa Parola di salvezza, l’unico nome nel quale essere  salvati: “Non vi è infatti altro nome dato agli uomini sotto il cielonel quale è stabilito che possiamo essere salvati” (At 4,12), perché “chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato”, senza distinzione tra Giudeo eGreco. È questa in sostanza la Parola della fede che arriva al cuore perché si creda che Gesù è il Signore e che Dio lo ha risuscitato dai morti, a cui devefar seguito la confessione della bocca per dare compimento all’opera di salvezza.

Sbaglieremmo se pensassimo che qui ci sia solo un fatto di sottigliezza dottrinale e noninvece la nostra stessa struttura, dignità ed esistenza di credenti, Giudei o Greci non importa. C’è solo da chiedersi se, come Popolo messianico di Dio incammino in questo mondo (c’è bisogno di dire “sinodale”?), abbiamo questa statura, ma soprattutto se è questo l’orientamento dominante della nostra vitaecclesiale, o non piuttosto quello di cristianità perennemente insediata come regno realizzato. (ABS)


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