28 novembre 2021 - I DOMENICA DI AVVENTO (ANNO C)

 

 

Carlo Bononi:  Cristo in gloria tra i santi Pietro e Paolo venerati dai mendicanti (1615-20)

Ferrara, Musei di Arte Antica

PRIMA LETTURA (Geremia 33,14-16)

 

Ecco, verranno giorni - oràcolo del Signore - nei quali io realizzerò le promesse di bene che ho fatto alla casa d’Israele e alla casa di Giuda.

In quei giorni e in quel tempo farò germogliare per Davide un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra.

In quei giorni Giuda sarà salvato e Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia.

 

SALMO RESPONSORIALE (Salmo 24)


Rit. A te, Signore, innalzo l’anima mia, in te confido.

 

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.

Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà
per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.
Il Signore si confida con chi lo teme:
gli fa conoscere la sua alleanza.

 

 

SECONDA LETTURA (1Tessalonicesi 3,12-4,2)


Fratelli, il Signore vi faccia crescere e sovrabbondare nell’amore fra voi e verso tutti, come sovrabbonda il nostro per voi, per rendere saldi i vostri cuori e irreprensibili nella santità, davanti a Dio e Padre nostro, alla venuta del Signore nostro Gesù con tutti i suoi santi.

Per il resto, fratelli, vi preghiamo e supplichiamo nel Signore Gesù affinché, come avete imparato da noi il modo di comportarvi e di piacere a Dio – e così già vi comportate –, possiate progredire ancora di più. Voi conoscete quali regole di vita vi abbiamo dato da parte del Signore Gesù.



VANGELO (Luca 21,25-28.34-36)


In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:

«Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.

Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.

Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.

State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo».

 

 

In altre parole…

Il messaggio che scaturisce da queste letture - quelle della prima domenica di Avvento - è che principio e fine si corrispondono e coincidono, fino a risolversi in unità di vita piena e beata, quando Dio sarà tutto in tutti: “E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. (1Cor 15,28).

San Tommaso d’Aquino ha osato tradurre in parole questa risoluzione definitiva dell’esistenza e della storia come vita eterna: “La vita eterna consiste nella gioconda fraternità di tutti i santi. Sarà una comunione di spiriti estremamente deliziosa, perché ognuno avrà tutti i beni di tutti gli altri beati. Ognuno amerà l’altro come se stesso e perciò godrà del bene altrui come proprio. Così il gaudio di uno solo sarà tanto maggiore quanto più grande sarà la gioia di tutti gli altri beati”. È una visione su cui dovremmo modellare anche la nostra esistenza terrena, che racchiude il germe di questa vita eterna.

Al centro di irradiazione di questa storia della salvezza c’è la dichiarazione che troviamo nel libro dell’Apocalisse 1,8: “Sì, Amen! Dice il Signore Dio: Io sono l’Alfa e l’Omèga, Colui che è, che era e che viene, l’Onnipotente!”. L’Onnipotente è al tempo stesso Colui che è e che viene! Se doveva servire a qualcosa l’introduzione del “Kyrie” nella liturgia, è per imparare a rivolgerci a Colui che così si presenta e non ad un Dio generico e impersonale: Qualcuno che si coinvolge e ci coinvolge nella nostra vita!

 

Quando parliamo di nuovo anno liturgico, di domenica di Avvento, di preparazione al Natale, è prima di tutto questa la realtà da tener presente, e non le  reminiscenze di una tradizione religiosa larvale. Che non succeda di guardare la cornice invece del quadro o il dito invece della luna! Il nostro è forse un modo troppo riduttivo di pensare la fede, vista più nei suoi contorni che nella sua realtà di mistero. E se da una parte l’Onnipotente è Colui che è nella sua unità, ma che “era” nella sua azione e nella sua presenza, Egli è anche “Colui che viene”: non è solo passato e presente ma anche futuro! Lo ripetiamo di continuo quando diciamo “com’era in principio e ora e sempre, nei secoli dei secoli”.

 

Ed è in questo senso che andrebbe inteso un “avvento” ai nostri giorni: non come fatto circoscritto all’interno di celebrazioni e scadenze precostituite dentro un sistema religioso confessionale, ma come ciò che avviene per l’umanità intera. Se si dice che siamo fuori della cristianità, è necessario ricreare le condizioni di una nuova rivelazione con Colui che viene. È un compito epocale e biblico, ma per ora è quanto possiamo tentare di fare attraverso le letture proposte oggi a tutta la Chiesa.

 

C’è prima di tutto da ascoltare la voce dei profeti, in questo caso di Geremia, che sono come le antenne per captare la presenza e l’intervento dentro le vicende del mondo di Colui che viene, e si fanno portavoce verso il suo Popolo, la casa di Israele e la casa di Giuda, a cui è confermata la promessa di bene già scritta nella stessa creazione dichiarata in origine “cosa buona”. La realizzazione di questa promessa avverrà attraverso la nascita di “un germoglio giusto, che eserciterà il giudizio e la giustizia sulla terra”, per cui “Gerusalemme vivrà tranquilla, e sarà chiamata: Signore-nostra-giustizia”. Colui che viene farà di Gerusalemme la città della giustizia e della pace, la città di Dio! Per questo Gerusalemme sarà il luogo simbolico e l’epicentro nevralgico, il teatro tragico in cui la promessa del Signore si rivelerà e si attuerà con la venuta del Figlio dell’uomo annunciata dai profeti e attesa da Israele.  

 

Ma Gerusalemme rimane anche la chiave di lettura per sempre e per tutti di questa perenne venuta del Figlio dell’uomo, resa troppo folcloristica nel nostro Natale.  Basterebbe avere presente come Gesù stesso si rapporta con la città di David in Matteo 23,37: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono inviati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una gallina raccoglie i pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!”. Ed in Luca, 19,41-44: “Alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata»”.

 

Possiamo dimenticare tutto questo, quando vogliamo rivivere la speranza e l’attesa di Israele e del genere umano oggi? Ci basta pensare che “Colui che viene” sia già venuto e noi non possiamo fare altro che ricordare una data e ripeterci una bella favola? Certamente anche il Natale celebrato alla nostra maniera rimane un segno indelebile di una speranza indecifrabile nascosta nel cuore dell’uomo, e tutto questo va valorizzato: è un lucignolo fumigante da non spegnere. Ma da parte di credenti possiamo svendere quanto la Parola di Dio ci fa presente?

 

Non mancano neanche oggi segni nel sole, nella luna e nelle stelle, ma soprattutto non è assente la paura per l’attesa di ciò che dovrà accadere: fare riferimento alla pandemia e ai rischi ecologici sarebbe riduttivo, perché sono la condizione umana e gli sconvolgimenti della storia a fare problema e a farci intravedere e invocare la venuta del Figlio dell’uomo, in cui riporre la nostra fiducia. Stando dentro a tutto ciò che accade ad occhi aperti, bisogna essere pronti a risollevarsi e ad alzare il capo, perché è vicina la nostra liberazione, quello che consapevolmente o inconsapevolmente desideriamo. Non sarebbe anche questo un modo di andare incontro al Natale?

 

Ma allora bisogna stare attenti a noi stessi, e non possiamo consentirci dissipazioni e ubriachezze varie, anche quelle di parole vane e di messaggi a vuoto, per esser pronti a cogliere l’attimo fuggente della venuta del Figlio dell’uomo come un laccio che ci piomba addosso: e questo in ogni istante della vita. Ci viene detto chiaramente come vivere questo tempo di attesa e di grazia: “Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo”. Si tratta di un faccia a faccia con Colui che viene!

 

In questo senso ci viene un auspicio e una esortazione da parte di san Paolo, quando ci dice di rendere saldi e irreprensibili i nostri cuori davanti a Dio e Padre nostro nella venuta del Signore nostro Gesù: non altrimenti che crescendo e sovrabbondando nell’amore fra noi e verso tutti. Se, come sappiamo per esperienza, il clima natalizio ci rende più sensibili a questa esigenza di fondo di fraternità, quando tutti in qualche modo diventiamo “più buoni”, da parte nostra possiamo cominciare fin da ora a coltivare questi sentimenti e a praticare questo modo di comportarci e di piacere a Dio, “Colui che viene”. (ABS)


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