28 febbraio 2021 - II DOMENICA DI QUARESIMA (ANNO B)

 

Marc Chagall: Il sacrificio di Isacco (1966)

 

PRIMA LETTURA (Genesi 22,1-2.9.10-13.15-18)

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò».

Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo unigenito».

Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».



SALMO RESPONSORIALE (Salmo 115)


Rit. Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

 

Ho creduto anche quando dicevo:
«Sono troppo infelice».
Agli occhi del Signore è preziosa
la morte dei suoi fedeli.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;
io sono tuo servo, figlio della tua schiava:
tu hai spezzato le mie catene.
A te offrirò un sacrificio di ringraziamento
e invocherò il nome del Signore.

Adempirò i miei voti al Signore
davanti a tutto il suo popolo,
negli atri della casa del Signore,
in mezzo a te, Gerusalemme.

 

 

SECONDA LETTURA (Romani 8,31-34)

Fratelli, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui?

Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà?

Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!



 

VANGELO (Marco 9,2-10)

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli.

Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati.

Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro.

Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.



 

In altre parole…

 Potremmo dare all’immagine di Chagall il titolo: “Dio mise alla prova Abramo”, magari rileggendo Marco 1,12 riguardo a Gesù: “Subito dopo (il battesimo) lo Spirito lo sospinse nel deserto… tentato da Satana”. E Luca 4,13 annota: “Allora il diavolo, dopo aver finito ogni tentazione, si allontanò da lui fino a un momento determinato”: un chiaro riferimento al momento finale e decisivo della passione. Essere messi alla prova ed essere tentati è una costante e siamo invitati a vegliare e pregare per non entrare o cadere in tentazione, come Gesù dice nel Getsemani, e “poiché eg,li stesso ha sofferto la tentazione, può venire in aiuto di quelli che sono tentati” (Eb 2,18).

Se la tentazione è la prova dell’esistenza, non dovrebbe fare scandalo la classica richiesta del Padre nostro "non indurci in tentazione”, anche perché non so quanto  siano chiarificatrici le parole sostitutive “non abbandonarci alla tentazione”! Possiamo chiedercelo per capire se un passo avanti nella comprensione della Scrittura e della fede sia questione terminologica, o non sia far crescere il sentire profondo dei credenti (il sensus fidei fidelium).

Sembra che essere messi alla prova rientri nei disegni di Dio fin dalle origini, e in Proverbi 17,3 leggiamo: “Il crogiuolo è per l'argento e il fornello per l'oro ma chi prova i cuori è il Signore”. Fa eco la prima lettera di Pietro 1,7 quando dice che la fede “viene messa alla prova, ben più preziosa dell'oro che perisce, e tuttavia è provato con il fuoco”. Sono parole che illustrano il passo del libro della Genesi, che a sua volta ne è viva esemplificazione. Isacco che si carica della legna e Abramo che  prende il fuoco e il coltello sono senza parole quando il ragazzo chiede: “Ecco il fuoco e la legna; ma dov'è l'agnello per l'olocausto?”. L’agnello è quel figlio, l’unigenito che amava, avuto in dono  per aver creduto alla promessa. Ma che ora gli era richiesto in sacrificio, come se non fosse più suo.

Se era stata necessaria tanta fede perché si compisse la promessa di un figlio, ora era necessario rincarare la dose, quando questo il figlio della promessa era richiesto in olocausto, quasi rivendicato con diritto primario di proprietà. In effetti, ciò che è donato è fatto per essere offerto, perché se ne possa godere senza brama di possesso! E forse la disobbedienza originaria è stata proprio quella di sentirsi padroni in tutto e per tutto di quanto era abbondantemente donato. Ecco allora insperabilmente l’angelo che ferma la mano sacrificale del padre che “non ha risparmiato il figlio unigenito e che si sente rinnovare la promessa di benedizioni e di numerosa discendenza, “come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare”. E questo unicamente perché ha obbedito alla voce del Signore, a differenza e quasi a compensazione della disobbedienza dell’Eden. Perché è qui che si gioca la salvezza; nella “ubbidienza della fede” (Rm 1,5).

Ma l’obbedienza che salva si compie e si incarna nel Figlio dell’uomo: “Infatti, come per la disubbidienza di un solo uomo i molti sono stati resi peccatori, così anche per l'ubbidienza di uno solo, i molti saranno costituiti giusti” (Rm 5,19). E se egli dice al Padre “non la mia volontà, ma la tua sia fatta (Lc 22,42) è detto anche che “in virtù di questa volontà noi siamo stati santificati” (Eb 10,10).

Troviamo questo Gesù subito dopo che aveva cominciatoa insegnare ai discepoli che era necessario che il Figlio dell'uomo soffrisse molte cose, fosse respinto dagli anziani, dai capi dei sacerdoti, dagli scribi, e fosse ucciso e dopo tre giorni risuscitasse” (Mc 8,31). Ma questa stessa docilità egli la richiede a quanti lo vogliono seguire: “Chiamata a sé la folla con i suoi discepoli, disse loro: Se uno vuol venire dietro a me, rinunci a se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Mc 8,34).

C’era stata anche la confessione di Pietro, che subito dopo averlo dichiarato “Cristo” non accetta la sorte del Figlio dell’uomo, per cui è invitato a togliersi di mezzo come “Satana” e a stare indietro. È questo il momento in cui Gesù, come Abramo con Isacco, prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li conduce “su un alto monte, in disparte, loro soli”. È un momento privilegiato di rivelazione in cui è dato loro di avere segni di quanto Gesù aveva preannunciato di sé. Infatti, Mosè ed Elia, “apparsi in gloria, parlavano della sua dipartita che stava per compiersi in Gerusalemme” (Lc 9,31), mentre la manifestazione della sua gloria apriva uno spiraglio sulla sua resurrezione.

Questi poveri uomini si ritrovano coinvolti in qualcosa che li spaventa e che li lascia senza parole, al tempo stesso in cui sentono la voce che dice: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. Se al momento del battesimo nel Giordano questa voce risuonava indistintamente per tutti, ora era rivolta particolarmente a loro, per richiamarli all’ascolto e all’obbedienza del Figlio: a seguirlo al di là di ogni loro paura, smarrimento, incertezza, costretti a tenere per sé quanto avevano vissuto a chiedersi “che cosa volesse dire risorgere dai morti”.

Sarà Pietro in seguito a darci diffusamente conto di questo evento rivelativo da non sottovalutare: “Infatti vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del nostro Signore Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole abilmente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua maestà. Egli, infatti, ricevette da Dio Padre onore e gloria quando la voce giunta a lui dalla magnifica gloria gli disse: «Questi è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto». E noi l'abbiamo udita questa voce che veniva dal cielo, quando eravamo con lui sul monte santo” (2Pt 1,16-18).

E se ci siamo fatti partecipi delle tentazioni nel deserto, a maggior ragione siamo invitati a farci coinvolgere nella sua trasfigurazione per trovare convinzione e decisione per seguirlo: a lasciarci avvolgere dalla nube e uscirne ascoltando la sua voce. Pietro si era già pronunciato su Gesù riconoscendolo come “Cristo” per rivelazione del Padre (cfr Mt 16,17). Ora ci dà testimonianza della voce che veniva dal cielo, che ci presenta il Figlio del Padre, l’amato, da ascoltare.

Possiamo cogliere la portata di queste poche parole in quanto ci dice brevemente Paolo: vuol dire che Dio è per noi, che nel Figlio ama anche noi, e che se lui è giusto, in lui il Padre giustifica anche noi, così come Abramo “credette al Signore, che gli contò questo come giustizia” (Gn 15,6). Siamo al cuore della fede ed è a questa radice del credere che bisogna riportarci come Popolo di Dio, per arrivare a dire con verità e convinzione: “Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!”.

Incamminarsi per questa strada non è solo itinerario quaresimale ma sequela di discepoli. Se davvero vogliamo o dobbiamo parlare di Sinodo della chiesa italiana, la prima cosa da tenere presente è che si tratta di questa sequela messa alla prova!(ABS)


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